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venerdì 19 apr
  • Paura di vivere

    «Cosa intende per nazione, signor ministro? Una massa di infelici? Piantiamo grano, ma non mangiamo pane bianco. Coltiviamo la vite, ma non beviamo il vino. Alleviamo animali, ma non mangiamo carne. Ciò nonostante voi ci consigliate di non abbandonare la nostra patria. Ma è una patria la terra dove non si riesce a vivere del proprio lavoro?». È la risposta ad un ministro di un emigrante italiano del XIX secolo, uno dei 29 milioni di italiani che hanno deciso di andar via negli ultimi due secoli superando il numero degli italiani censiti all’indomani dell’Unità d’Italia. Perché ci si meraviglia ancora dei fischi ai rappresentanti delle Istituzioni ai funerali di disperati nostri vicini di casa?

    Avete riflettuto sul fatto che i parassiti non emigrano mai? Sono solo coloro che ritengono di poter far conto sulle proprie capacità ad andar via, necessariamente. E con questo concorrono a perpetuare un circolo vizioso che rende i parassiti influenti nel Paese, resistenti al cambiamento, forti delle leggi che hanno promosso attraverso i loro rappresentanti, attraverso cui difendono sprechi e privilegi, sempre a rigore di legge e a debito (pubblico), rubando così il futuro di intere generazioni.

    È più facile che i parassiti si annidino, ancorché sotto forme privatistiche, a valle della spesa pubblica: per questo la riduzione decisa della spesa pubblica clientelare e parassitaria, grande assente nei programmi dei partiti, è la risposta che invano si attende per moralizzare la vita pubblica e invertire la tendenza.

    Oggi l’emigrazione è più qualificata che nei duri ed austeri secoli passati quando era la paura di morire di stenti ad indurre a emigrare. La nostra società è più subdola, ma non meno crudele: può bastare la burocrazia, un’Equitalia di queste a generare tanta paura di vivere. La fuga dei cervelli non è quindi un problema, ma – almeno per ora – l’unica soluzione.

    Palermo, Sicilia
  • 3 commenti a “Paura di vivere”

    1. Ho 23 anni e mi occupo di design. Sono da poco trasferito in Inghilterra. Dopo anni di stenti per cercare di affermarmi nel mio settore a palermo, tra un succhiasangue da un lato e un approfittatore dall’altro e riuscendo a lavorare (ovviamente in nero) per poche centinaia di euro non al mese, ma ogni 3 / 4 mesi. Insomma, una corsa a raccattare la carta di 50 euro, facendosi il culo e passando piu tempo a “commattere” con gli ignoranti che dedicarmi al mio lavoro, e facendo le cose ovviamente male. Per un attimo ho perso interesse in quello per cui ho studiato per anni. Il mio lavoro e il mio studio sono stati disprezzati, sono stato preso per stupido da capre che se lo potevano permettere perche stavano un gradino sopra di me, nel conto in banca ma non nel cervello. Il mese scorso ho deciso di mandare a cagare Palermo e sono scappato a Londra. In una settimana ho trovato casa e lavoro, ho una vita tranquilla e posso mettere in pratica quello che ho studiato per anni. Mi trovo a che fare con persone interessanti, tranquille e che sopratutto mi portano rispetto. Ho un contratto vero e guadagno piu di quello che guadagna mio padre, che con il suo stipendio ci campa la mia famiglia e si spacca il culo tutto il giorno. Guardo l’Italia, Palermo in particolare, e le uniche parole che mi vengono in mente sono depressione e vuotezza. come una terra arida che, ormai morta, e inutile che ci si prova a piantare qualcosa, non ci sono i presupposti per far si che cresca. Ho visto amici creare nuove cose a palermo, morte dopo neanche un anno. Ho deciso di andarmene e ora sono soddisfatto. Si dice che bisogna lottare per ottenere cio che si vuole nella propria terra, ma quando la vita si riduce a una lotta continua? Una domanda, vista la mia situazione, che e uguale a quella di tanti altri ragazzi come me, tanti amici che ancora a 30 anni stanno a casa a sognare un futuro migliore. Cosa avrei dovuto fare? Palermo e bella per il mare il sole e il cibo, il resto e spazzatura. (scusate gli accenti)

    2. Hai fatto bene ad andartene.
      I miei complimenti.

    3. Hai fatto bene ad andartene, anonimo, pero’ facendolo concorri – ahimè! – a perpetuare il male; lo dice giuliano donato di donna:
      “Sono solo coloro che ritengono di poter far conto sulle proprie capacità ad andar via, necessariamente. E con questo concorrono a perpetuare un circolo vizioso che rende i parassiti influenti nel Paese”



      mi auto-censuro, o dovrei scrivere troppe cose…

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