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giovedì 28 mar
  • Progetti privi dei presupposti necessari sono destinati al fallimento

    A Palermo, in piazza Indipendenza, quasi all’angolo con corso Calatafimi, c’è una targa che ricorda Francesco Paolo Di Blasi.
    Questo avvocato palermitano, teorizzatore di una limitazione dei privilegi del clero e della nobiltà siciliani, cercò di mettere in pratica nella sua città le idee messe in circolazione dalla rivoluzione francese.
    Ma come spesso accade a certi intellettuali, soprattutto a quelli meridionali (che, privi come sono di concretezza, del senso della realtà, del concetto di fattibilità, non considerano la differenza che c’è tra un’idea e la sua realizzazione, risultando in tal modo non solo inutili ma anche pericolosi, per sé e per gli atri), non considerò il contesto nel quale si muoveva, un contesto nel quale l’Illuminismo non aveva creato nessuna forza capace di contrapporsi al sistema feudale, introdotto in Sicilia dai Normanni.
    E, come la Storia insegna, senza una solida base popolare le rivoluzioni sono illusorie e destinate inevitabilmente al fallimento.
    Fu così che il 20 maggio 1795, dopo essere stato arrestato, processato e torturato, Francesco Paolo Di Blasi, all’età di 42 anni, venne decapitato nel luogo (all’epoca piano di Santa Teresa) dove oggi si trova quella targa commemorativa.
    Quell’episodio ricorda (dovrebbe ricordare) che perché un progetto, un’idea, si realizzi non è sufficiente volerlo, parlarne, occorre che, a monte, esistano i presupposti necessari perché possa materializzarsi; quel progetto deve cioè essere “realizzabile”, “praticabile”.
    Sempre che, ovviamente, l’intenzione dell’ideatore sia quella di “fare” e non quella di limitarsi a “parlare”, a “dibattere”, a “ragionare”.
    Lasciare che ad occuparsi di progettare il futuro siano persone prive del senso della realtà, persone che amano perdersi dietro ragionamenti cavillosi, incuranti del collegamento tra la parola e l’azione (evidentemente ben lontani dal concetto espresso dal Manzoni con di quel securo il fulmine tenea dietro al baleno), persone che, di fronte ad un fenomeno descrivibile mediante una “gaussiana”, si perdono in infinite discussioni sulle “code” di quella curva, anziché concentrarsi sulla “pancia”, è il modo migliore per perpetuare la convinzione, errata, dell’immodificabilità dell’esistente, favorendo in tal modo quelli che vogliono mantenere in vita lo status quo.
    Se da un lato l’azione deve essere sempre preceduta dal pensiero, da un’idea, da un progetto (“fare” solo per il gusto di “fare” è infatti una cosa priva di senso), dall’altro però proporre un progetto generico, staccato dalla realtà, irrealizzabile, solo per il gusto di “parlare”, significa dequalificare la parola al livello di chiacchiera. E questo è ancora più grave.
    Il dietro front sul progetto di chiudere alle automobili il parco della Favorita è solo l’ultimo (fino a questo momento) degli innumerevoli esempi di progetti campati in aria, presentati da persone prive del senso della realtà, progetti nati solo per “parlare”, completamente privi di un elemento chiave, tanto importante quanto ignorato: la fattibilità, la realizzabilità.

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  • Un commento a “Progetti privi dei presupposti necessari sono destinati al fallimento”

    1. Occorre dire e specificare : il progetto SAREBBE anche realizzabile e fattibile. MA ..non puo’ essere realizzato cosi’ come l’amministrazione attuale lo ha pensato.

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