E così, anche la gioielleria Fiorentino e il bar Pinguino non ci sono più.
Anche loro sono entrati, assieme, l’una accanto all’altro, a far parte del popolato album dei ricordi della Palermo di un tempo ormai perduto.
Anche di loro si parlerà d’ora in poi solo al passato, secondo un’usanza molto diffusa fra i siciliani.
Quello che più mi colpisce in simili occasioni (che si vanno facendo sempre più frequenti) non è tanto il fatto che l’elenco delle attività commerciali palermitane che hanno cessato di esistere diventi ancora più lungo, quanto il fatto che continuino, senza sosta, i segni della perdita d’identità che, sempre di più, caratterizza la Palermo di oggi, ridotta ormai ad un luogo incomprensibile, indefinibile, privo di una propria connotazione.
Il dato che ho trovato più impressionante, quando ho letto di queste due ultime chiusure, è che siano capitate a distanza di poco più di un mese dalla perdita di un altro dei luoghi-simbolo della città che fu: il bar Mazzara.
Sembra proprio che Palermo stia precipitando, che stia franando (e non solo in senso metaforico), che stia cambiando sempre più velocemente pelle, che si stia trasfigurando.
Non voglio dire che il cambiamento che, ormai da parecchi anni, sta interessando la città sia in peggio (ognuno lo giudichi come vuole, secondo i propri parametri, secondo le proprie priorità), voglio solo dire che quella che è in atto, visibile agli occhi di tutti, non è una cosa di poco conto, ma una vera e propria trasformazione irreversibile; sta accadendo quello che a volte accade in seguito ad una violenta eruzione vulcanica: il paesaggio cambia, si formano nuove isole, ne scompaiono altre ecc. Continua »
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