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e-mail: loffy2004@libero.it

Biografia: Con una punta di orgoglio 55 anni della serie miiiiiii ma vero 55 anni hai? Impiegata presso una pubblica amministrazione, scopro a 13 anni circa, l'amore per la scrittura dopo aver fumato tre Mentola di seguito offerte dalla nonna materna come se fossero caramelle alla menta (teccà 'a nonna 'u sacciu ca fumi). Da quel momento, sigarette a parte, vizio peraltro preso per merito di nonnina mia, la mia adolescenza e gioventù letteraria è trascorsa tra composizioni poetiche allegre del tipo “L'ultima Marlboro”, “Il sudario”, “Buio nelle tenebre” “Te ne sei andato” e creazioni similari. Poi diventai una persona quasi normale. Lavoro, figli, matrimonio. Proprio in quest'ordine. Per un breve periodo curai la pagina dell'oroscopo di un giornale locale, divertendomi un sacco a raccontare baggianate totalmente inventate firmandomi Sarah O' Connor. Poi il giornale fallì, ma non fu colpa mia. Dal 2000 la mia vita è cambiata perché ho iniziato a viaggiare col mio camper conoscendo tanti paesi europei. Nel mio cuore è rimasta la Norvegia, paese splendido con natura incontaminata, bassissima densità abitativa (praticamente quasi nuddu) e le isole Lofoten ben oltre il Circolo Polare Artico. Durante il mitico viaggio del 2000 in Scandinavia durato un mese, famoso fu l'sms nostalgico che mandai a mio fratello “basta valli verdi e così belle, vuogghiu ' panino ch'i panelle”. Non ricevetti replica, anche perché lui si ostinò nella ricerca di una risposta che facesse rima con Oslo o Tromsø. Mannaggia, se fossi stata a Nizza c'era a sasizza, a San Nicola a stigghiola, a Piccadilly i cazzilli, a Koblenza la semenza e così via...

Laura Giannuzzi Savelli
  • Un palermitano che per una ragione qualsiasi prende il traghetto

    Quest’oggi tratteremo, come si evince appunto dal titolo, di un palermitano qualunque che per una ragione qualsiasi prende il traghetto.
    Egli è pronto al mattino anche se il porto dista cinque chilometri e la nave salpa di sera.
    Tormenta i suoi familiari, già durante la prima colazione con frasi del tipo: “Siete pronti?” “Le pillole per il mal di mare ce le abbiamo?” “I biglietti ‘i pigghiasti?” “I panini unni sunnu?”.
    Finalmente è l’ora. Sono le due del pomeriggio e la nave parte alle nove di sera.
    Chiude la porta di casa con i i biglietti tra i denti, poi la riapre per controllare se ha lasciato i biglietti sul como’ e se ha messo l’antifurto.
    La moglie intanto gli grida: “Francoooooo, talìa se ho spento il ferroooooooooo!”.
    Tutti in macchina e via verso il porto.
    Arrivo alle due e trenta.
    Saluta con fare festoso i finanzieri all’entrata del porto chiedendo “il vapore di Napoli dov’è” e si dirige verso la nave per Tunisi.
    Si insospettisce un po’ quando in una lingua sconosciuta gli dicono qualcosa e gli fanno grossi cenni.
    Bene, il traghetto per Napoli è un po’ più in là.
    “Miiiiiiiii, ma è probbito che uno sbaglia?” urla alle figlie che lo sfottono.
    Si mette in coda (è lui solo) e nel frattempo chiede alla moglie: “Le pillole per il mal di mare ce le abbiamo? I biglietti ‘i pigghiasti? I panini unni sunnu?”.
    Durante l’attesa si addormenta con la bocca aperta sul sedile e viene svegliato dalla moglie che lo strattona urlando: “Stannu trasiennuuuuuuuu!”.
    Finalmente entra nella pancia della nave. Continua »

    Ospiti
  • Tasci

    Tascio, ai miei tempi, era una brutta cosa esserlo.
    Non tanto perché uno lo era e ne soffriva, questo no, anche perché chi tascio era ed è, non se ne rende conto, quanto perché era ed è etichettato come persona non desiderata a feste e comitive, compleanni e matrimoni.
    Il tascio era identificato in vari modi.
    Colui che si metteva i pantaloni a zampa quando invece si usavano a tubo e viceversa, era un tascio.
    Chi parlava in dialetto (orrore) era un tascio.
    Anche la macchina poteva essere simbolo di tascitudine. Andare in discoteca o a prendere l’ingrizzo con la fiat 850 bianca o l’Opel di papà era alla stessa stregua di un reato, così come ascoltare musica napoletana.
    Poi capitava che la ragazza di buona famiglia, papà medico, mamma insegnante si mettesse con un tascio. Diciamolo, tascio era anche chi era di umili origini, anzi veniva etichettato come proveniente da “gente bassa” o “popolino”.
    E qui era tragedia. Continua »

    Palermo
  • Percorsi

    Scendo da casa alle 7:00.
    Percorro una stretta strada poco trafficata che sbocca poi in via Paruta.
    Più avanti ci sono le discariche che costeggiano il marciapiede. Materassi, mobili scardinati e ramaglie.
    Imbocco di nuovo una stradina e incontro un’altra discarica che però hanno finalmente recintato in modo tale che la gente non possa più buttare lì le sue cose. Le buttano, invece, venti metri più a destra, proprio davanti ad un enorme cancello dove sta scritto a caratteri cubitali e in rosso “SI PREGA DI NON DEPORRE RIFIUTI DAVANTI AL CANCELLO”.
    Arrivo alla circonvallazione dopo avere superato un paio di mazzetti di fiori legati intorno ad un albero, ai quali non riesco a non dedicare ogni giorno uno sguardo, facendomi stringere il cuore.
    Sul cavalcavia spesso c’è un gruppetto di persone che guarda verso Pagliarelli, la grande struttura carceraria circondata da un recinto giallo.
    Salutano e si sbracciano facendo piccoli saltelli. Continua »

    Ospiti
  • Auto yoga

    Giorni fa, mentre ero imbottigliata nel traffico, ho pensato che un corso yoga con tecniche avanzate di rilassamento, ci vuole nella vita di una persona.
    Ho anche pensato che frequentare un simil corso ha un certo costo che in questo momento le mie tasche non possono affrontare in quanto vuote o quasi. Quindi, potenza di internet, in casi come questi si digita su google “tecniche rilassamento yoga” e ti stampi tutto lo stampabile che ti serve all’uopo.
    Così ho fatto.
    Ieri, ore 18:30 con pioggia, ovviamente ero imbottigliata nel traffico in di via Notarbatolo con un casino di semafori in 500 metri col risultato che, coloro che avevano il verde, passavano fino al successivo semaforo che diventava rosso, facendo poi muro davanti a quelli che avevano il rosso così che, quando scattava il verde, trovavano una barriera e lì a strombazzare come dei matti.
    Anche io ero fra quelli che avevano davanti il muro di macchine.
    Oltre, la strada è libera, è verde e non puoi passare.
    Scatta il rosso, il muro, che ora ha il verde, si muove come d’incanto ma tu passi lo stesso anche se hai il rosso perché quando c’era il verde non potevi passare, creando un casino indescrivibile. Tutti con le mani ad indicare gli altri coi finestrini abbassati, mentre i motorini sfrecciano tra i parafanghi a ottanta all’ora spruzzando acqua di fogna ai pedoni che cercano di guadagnare l’altra sponda. Continua »

    Ospiti
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