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venerdì 26 apr
  • Quaderno di Palermo 21

    Uno dà uno sguardo a qualsiasi angolo del nostro scombussolato pianeta, e non può non considerare l’influenza che da sempre hanno avuto gli idoli nei pensieri e negli atteggiamenti delle persone di ogni cultura e razza. Dalla preistoria all’universo classico, dal medioevo al mondo contemporaneo, dagli antipodi al nostro bacino mediterraneo, l’essere umano ha sempre avuto bisogno di essi e non ha mai potuto farne a meno. Si tratti di durature immagini religiose o pagane o, come succede adesso, di mediatiche e scolorite figure “lampo” (perché si eclissano lo stesso giorno che sono nate), queste immagini saranno sempre presenti nello svolgersi della nostra vita quotidiana. Prendiamo per esempio la ciclica polemica che suscita la presenza del crocifisso nelle scuole italiane, scuole che dipendono, tra l’altro, da una Repubblica apparentemente laica ed europea. Il putiferio che si crea è sempre garantito dai due schieramenti opposti e inconciliabili, dove per i credenti il crocifisso è ovviamente carico di senso, mentre per i veri laici soltanto un idolo in più. Ebbene, questo simbolo cattolico per eccellenza si può chiaramente affiancare agli altri simboli religiosi, come le solite nicchie delle madonne cristiane, le quali hanno soppiantato quelle figure pagane che nel nostro inconscio ancora fanno parte del substrato greco e anche romano che ci regge. E se, come dicevamo prima, ci riferiamo alle odierne figure televisive della musica, della moda o del calcio… vediamo pure come sono idolatrate anche esse da certi ceti perché per loro hanno la stessa valenza divina, nonostante l’ambito tremendamente irreligioso, consumistico e fuggevole da cui provengono. Sì, in un certo senso sono le loro guide.
    Per queste truppe di turisti che vanno macchina fotografica al collo per le strade di Palermo alla scoperta di “nuove sensazioni” (espressione con la quale la nostra società cerca di riempire il vuoto che attanaglia l’uomo contemporaneo), per loro dicevo tutte queste nicchie che passo dopo passo vanno trovando sparse per la topografia cittadina, possono risultare, più che assurde o enigmatiche, piuttosto esotiche e decorative. Sì, ai più risultano forse incomprensibili perché nella fretta di vedere il più possibile, si perde la curiosità di conoscere cosa si nasconde dietro quell’impressione folcloristica. Pure il mio sguardo senza fede potrebbe rivolgersi astrattamente a esse perché snaturato di quello che rappresentano. Ma al di là di sapere che queste immagini sono state tramandate e trasformate secondo i popoli e le loro credenze, e che di conseguenza trasmettono una memoria incatenata alle loro sconosciute radici, al di là di tutto ciò vediamo che non solo il crocifisso qui lo si appende ovunque. Lo si trova nei negozi dei centri commerciali –fatto che non lascia indifferenti perché appunto quei locali rappresentano i luoghi di consumo per eccellenza, cioè i luoghi dove tutto è mercificato e dove non c’è traccia di memoria o neanche di un qualsiasi dio-, nei negozi di alimentari più popolari, nelle botteghe o addirittuta nelle autofficine. Dico “non solo” perché altre immagini cattoliche le troviamo anche nei nuovi quartieri di periferia, dove fioriscono le nicchie con le loro madonne, lì dove in effetti prima non c’era nessuna memoria di dea pagana o nessun Cuore Sacro, per dare un esempio. Il fatto è che davanti a questa onnipresenza idolatrica, il palermitano, già così poco incline a sopportare la solitudine (si pensi all’uso che fa dall’inseparabile telefonino), pure quando esce di casa ha bisogno di essere protetto o custodito o forse guidato ventiquattro ore su ventiquattro. Come i bambini che non concepiscono il mondo senza i loro genitori, unica sicura protezione contro l’angoscia, il palermitano in assenza dei suoi idoli ha paura della solitudine che da sempre lo accompagna, tanto più in questa nostra modernità dove l’uomo è più che mai solo, smarrito, nonostante il sotterfugio della famiglia cristiana, ormai spaccata, svuotata, priva di senso.

    Estraneità.

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