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mercoledì 4 dic
  • Ecco come (8): qualità dell’ambiente

    Perché il territorio siciliano possa essere un giorno internazionalmente riconosciuto per la qualità del suo mare e dell’ambiente rurale e urbano, con tutte le positive ricadute del caso, è necessario che si prenda collettivamente coscienza dell’insostenibile leggerezza di tanti nostri comportamenti quotidiani. L’industria energetica, quella automobilistica, quella chimica legata ai prodotti domestici di largo consumo, ecc. ne hanno già da tempo preso consapevolezza e reindirizzato i loro business verso produzioni sostenibili per l’ambiente. La sostenibilità crea consenso e fa vendere (peraltro non ci sono altre alternative nel medio-lungo termine). Chi volesse “vendere” il prodotto Sicilia, come territorio caratterizzato da qualità ambientale, potrebbe contare perciò su buoni indici di ascolto.

    Poiché la mancata industrializzazione della Sicilia, nonostante il fiume di miliardi spesi dal dopoguerra, oggi rappresenta quasi un’opportunità, visto che gli insediamenti manifatturieri emigrano verso i paesi emergenti mentre le ricadute ambientali negative dell’industrializzazione (inquinamento, piogge acide, ecc.) riguardano quasi esclusivamente i poli petrolchimici siciliani e quindi una parte comunque contenuta del territorio, il discorso si riduce, per modo di dire, all’ottimizzazione del ciclo delle acque, di quello dei rifiuti e al contrasto dell’inquinamento atmosferico e acustico urbano.

    Avere per obiettivo mare e fiumi puliti significa innanzitutto pretendere il completamento della realizzazione e l’efficiente funzionamento dei depuratori. In Sicilia, dai tempi della mafia dei pozzi in poi, sembra che l’acqua serva per “mangiare”, non per bere e il malaffare ne ha sempre caratterizzato tutti business connessi (acquedotti, depuratori, fogne, ATO, ecc.). Occorre una maggiore informazione e vigilanza dell’opinione pubblica sensibile e sensibilizzata alle tematiche ambientali. Le tecnologie, di certo, non mancano oggi che si parla sempre di più dell’acqua come dell’“oro blu”, né bisognerebbe più avere alcuna pietà delle costruzioni abusive sui litorali.

    Sull’onda emotiva della drammatica situazione campana, sembrerebbe che i termovalorizzatori rappresentino oggi la soluzione più realistica, il “male minore”, al problema dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani. Guarda caso, proprio qui in Sicilia, sopra Palermo, era in progetto la costruzione del più grande TV d’Europa, con una capacità di 800.000 tonnellate, che assieme agli altri tre progettati (Aragona, Augusta e Adrano) smaltirebbe tutti i rifiuti della Sicilia e non solo. La Regione si è impegnata persino a indebitarsi per anticipare ai costruttori 250 milioni su un preventivo di due miliardi di opere. Eppure, proprio qui in Sicilia, il CNR, in collaborazione con un’azienda privata italiana, ha realizzato il prototipo di un impianto di smaltimento più semplice, ecologico e meno costoso, denominato THOR. Forse costava troppo poco per i nostri amministratori che diffidano della tecnologia italiana? C’è poi il problema della raccolta differenziata, presupposta dai TV, ma che qui non si sa dov’è di casa, visto che siamo in fondo alla classifica nazionale. Oggi la tecnologia italiana offre prodotti di uso comune alternativi alla plastica e biodegradabili. Sugli aspetti di costume, riguardo lo strano rapporto tra i siciliani e la loro immondizia, rimando a quanto già scritto su queste pagine. C’è comunque il problema delle polveri sottili e degli altri scarti prodotti dagli inceneritori che, per il fatto di essere meno percettibili, non è detto che sarebbero meno dannosi, soprattutto nel ciclo alimentare, attraverso la contaminazione dei terreni e dei pascoli. Se degli scienziati di chiara fama internazionale fossero disponibili a mettere in gioco la loro reputazione affermando che le paventate nanopatologie sono frutto del sensazionalismo di qualche ricercatore e che non si ripeteranno tragiche storie come quella dell’Eternit, anch’io appoggerei la costruzione dei TV. Ho il timore, però, che un giorno potremmo chiederci, così come facciamo oggi senza ricordare più un solo responsabile: “ma a chi è venuto in mente di autorizzare la costruzione di petrolchimici di fronte alle isole Eolie (Milazzo) o a Siracusa e Gela?”. Ascoltiamo allora dalla voce del prof. Paul Connet (che ho conosciuto due anni fa alla Facoltà di Chimica di Palermo) che cosa comporterebbe una strategia “zero rifiuti” già adottata altrove nel mondo.

    Sui rimedi al problema dell’inquinamento atmosferico ed acustico dei centri urbani, legato principalmente al traffico veicolare, rimando a quanto già scritto sul forum di Rosalio, aggiungendo solo che, in attesa del potenziamento del trasporto pubblico urbano (metropolitana e/o tram) ho sperimentato con grande soddisfazione questa bici elettrica (tutta tecnologia italiana) mentre consiglierei ai patiti della moto di provare questo scooter e, agli irriducibili dell’auto, una delle varie versioni ibride adottate da molti tassisti milanesi.

    Come dicevo nelle premesse, ci vuole coscienza ambientale e disponibilità personale per qualche piccola scomodità: il premio, in cambio, è una migliore qualità della vita per tutti e anche opportunità imprenditoriali per chi vorrà coglierle, visto che la sostenibilità ambientale è una nuova frontiera dell’economia mondiale.

    Sicilia
  • 14 commenti a “Ecco come (8): qualità dell’ambiente”

    1. Sul NO ai termovalorizzatori. Che mi dici di quello costruito nel bel mezzo della città di Vienna, meta di turisti e vanto dei viennesi?
      Credo che come attestazione di sicurezza sia sufficiente o ritieni di no? Nulla esclude, ovviamente che se esistono soluzioni alternative, meno costose, ben vengano.

    2. Il postulato fondamentale di Lavoiser, “nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”, ci ricorda che un TV non distrugge, ma solo trasforma rifiuti in qualcos’altro. Il fatto che il prodotto di questa trasformazione sia meno percettibile di quello dei comuni inceneritori, non significa che non esistano residui. Taluni ritengono che tali residui siano anche più dannosi proprio perchè di misura sconosciuta al nostro sistema immunitario (si pensi ai metalli): hanno ragione o meno? Se l’informazione facesse il suo dovere e non fosse un pezzo del potere, sui quotidiani locali dovremmo leggere in prima pagina pareri scientifici pro o contro: leggiamo invece solo pareri interessati di opinionisti a libro paga di interessi economici. Questo silenzoi mi insospettisce.
      Il TV di Vienna è apprezzabile esteticamente, ma, ripeto, il problema non è fare TV belli, ma non dannosi nel lungo termine: chi si vuole giocare la sua reputazione scientifica, a parte un Veronesi in palese conflitto di interessi?
      E veniamo ai costi: di sicuro i TV sono la soluzione più costosa e con il minore impatto occupazionale: sarà un caso?

    3. Vienna dispone di 2 TV che trattano complessivamente 450mila tonnellate l’anno, chiamati inceneritori mentre il Tv di Bellolampo tratterebbe 546mila tonnellate. Oltretutto a Vienna i loro TV o Incinerator sono posti al termine di un ciclo di recupero dei rifiuti e comunque hanno un senso perché oltre a recuperare energia elettrica (che è davvero il meno) sono usati per il teleriscaldare le abitazioni. Se il nostro TV sarà usato così allora avrà un senzo, altrimenti sarà solo un trucco CIP6 che prima o poi la UE smonterà e allora il TV funzionerà in perdita e il costo exCIP6 sarà trasferito agli utenti (noi). A Vienna due punti d’emissione in aria dislocati in luoghi diversi di una città che ha una superfice di 440 Kmq, a Palermo che ha una superfice di 158 Kmq ci sarà un solo punto d’emissione a 2km linea d’aria dalla periferia: questa differenza ha un significato? Non sarei contrario al TV se fosse, come dovrebbe essere, l’ultimo anello della catena di smaltimento e non il primo e forse l’unico. Da non sottovalutare che le diossine recuperate dai filtri saranno seppellite nella discarica di Bellolampo, e se da Vienna segnalano anomalie nel trattamento delle scorie figurarsi cosa può succedere da noi (rif link)

      http://www.sbg.ac.at/ipk/avstudio/pierofun/waste/residual
      .htm

      In passato c’è stata una discussione su Rosalio che ha messo abbastanza a fuoco il tema, non mi pare che riguardo alla sicurezza possiamo dormire tra due guanciali. La soluzione THOR a me sembra molto più sicura ed efficiente, modulare e più economica dei TV, si potrebbe pensare ad impianti di quartiere, quindi meno spostamenti si rifiuti in giro per l’isola, forse non piace perché non ha il sexy appeal del TV 😉

    4. Caro DD, perchè non pubblicare questi tuoi interventi anche nel nuovo forum delle Primarie dei Siciliani? Invitiamo tutti a partecipare a questo spazio di confronto democratico. Riappropriamoci della Sicilia e non deleghiamo più niente a nessuno dell’attuale Casta dei politici.

      http://www.bispensiero.it/leprimariedeisiciliani

    5. @Donato Didonna, condivido in pieno. Ho letto solo qualche tuo post: tutti interessanti e centrati. Leggerò gli altri con i relativi commenti. Ti sono grato perchè colmi qualche mio deficit di informazione sulla situazione siciliana e mi fai imparare tante cose.
      Vista la tua competenza mi permetto di chiederti un parere, se possibile, su un manufatto che mi lascia perplesso: al mio paese le fognature vengono scaricate in mare con una tubatura che s’inoltra fino a due-due chilometri e mezzo dalla spiaggia. So che questo avviene anche in comuni del continente. E’ regolare?, non c’è pericolo di inquinamento delle acque marine? Qualcuno dice di no, ma poi aggiunge che è impossibile costruire un depuratore perché sono contrari i proprietari dei terreni da espropriare e i loro vicini. Paura di lupara?.
      Complimenti. Ciao Antonio

    6. Certo che inquina! Denunciatelo alle autorità e anche alle TV, se le prime si dimostrassero tiepide …

    7. Massimo ti chiedo di rimanere in tema col post.

    8. @Donato Didonna, questa volta mi sei piaciuto!

    9. Su La Repubblica di oggi viene descritta un’isola di plastica e di altri rifiuti, della dimensione ormai di un continente, formata dalle correnti tra le due sponde dell’oceano Pacifico. Qualcosa di simile è visibile anche al largo delle nostre coste.

    10. Da Italo Calvino, Le città invisibili, Torino, Einaudi, 1972, p. 119
      (…) La città di Leonia rifà se stessa tutti i giorni: ogni mattina la popolazione si risveglia tra lenzuola fresche, si lava
      con saponette appena sgusciate dall’involucro, indossa vestaglie nuove fiammanti, estrae dal più perfezionato
      frigorifero barattoli di latta ancora intonsi, ascoltando le ultime filastrocche dall’ultimo modello d’apparecchio.
      Sui marciapiedi, avviluppati in tersi sacchi di plastica, i resti della Leonia d’ieri aspettano il carro dello spazzaturaio.
      Non solo tubi di dentifricio schiacciati, lampadine fulminate, giornali, contenitori, materiali d’imballaggio, ma anche
      scaldabagni, enciclopedie, pianoforti, servizi di porcellana: più che dalle cose che ogni giorno vengono fabbricate
      vendute comprate, l’opulenza di Leonia si misura dalle cose che ogni giorno vengono buttate via per far posto alle
      nuove. Tanto che ci si chiede se la vera passione di Leonia sia davvero come dicono il godere delle cose nuove e
      diverse, o non piuttosto l’espellere, l’allontanare da sé, il mondarsi d’una ricorrente impurità. Certo è che gli spazzaturai
      sono accolti come angeli, e il loro compito di rimuovere il resto dell’esistenza di ieri è circondato da un rispetto
      silenzioso, come un rito che ispira devozione, o forse solo perché una volta portata via la roba nessuno vuole più
      averci da pensare.
      Dove portino ogni giorno il loro carico gli spazzaturai nessuno se lo chiede: fuori della città, certo; ma ogni anno la
      città s’espande, e gli immondezzai devono arretrare più lontano; l’imponenza del gettito aumenta e le cataste
      s’innalzano, si stratificano, si dispiegano su un perimetro più vasto. Aggiungi che più l’arte di Leonia eccelle nel
      fabbricare nuovi materiali, più la spazzatura migliora la sua sostanza, resiste al tempo, alle intemperie, a fermentazioni
      e combustioni. E’ una fortezza di rimasugli indistruttibili che circonda Leonia, la sovrasta da ogni lato come un
      acrocoro di montagne.
      Il risultato è questo: che più Leonia espelle roba più ne accumula; le squame del suo passato si saldano in una corazza
      che non si può togliere; rinnovandosi ogni giorno la città conserva tutta se stessa nella sola forma definitiva: quella
      delle spazzature d’ieri che s’ammucchiano sulle spazzature dell’altro ieri e di tutti i suoi giorni e anni e lustri.
      Il pattume di Leonia a poco a poco invaderebbe il mondo, se sullo sterminato immondezzaio non stessero premendo,
      al di là dell’estremo crinale, immondezzai d’altre città, che anch’esse respingono lontano da sè montagne di rifiuti.
      Forse il mondo intero, oltre i confini di Leonia, è ricoperto da crateri di spazzatura, ognuno con al centro una
      metropoli in eruzione ininterrotta. I confini tra le città estranee e nemiche sono bastioni infetti in cui i detriti dell’una e
      dell’altra si puntellano a vicenda, si sovrastano, si mescolano.
      Più ne cresce l’altezza, più incombe il pericolo delle frane: basta che un barattolo, un vecchio pneumatico, un fiasco
      spagliato rotoli dalla parte di Leonia e una valanga di scarpe spaiate, calendari d’anni trascorsi, fiori secchi
      sommergerà la città nel proprio passato che invano tentava di respingere, mescolato con quello delle città limitrofe,
      finalmente monde: un cataclisma spianerà la sordida catena montuosa, cancellerà ogni traccia della metropoli sempre
      vestita a nuovo. Già dalle città vicine sono pronti coi rulli compressori: per spianare il suolo, estendersi nel nuovo
      territorio, ingrandire se stesse, allontanare i nuovi immondezzai (…).

    11. ok. Toni. Non pensavo di aver scantonato. Rientro nei ranghi.

    12. Qualità dell’ambiente sì, ma a Palermo? Restiamo terraterra. Onda Verde? Onda Rossa. Leggevo ieri sul noto quotidiano locale che i semafori si Palermo non sono più sincronizzati tra loro (lo erano?) sulla base del traffico veicolare. Sicuramente ciò peggiora la qualità dell’aria perché costringe i veicoli a motore a frequenti fermate, i motori girano al minimo e per bruciare il combustibile usano aria già satura di gas, in poche parole ciò peggiora l’inquinamento atmosferico. Andiamo alla causa. La rete semaforica è gestita dalla AMG ma la convenzione col Comune non prevede la manutenzione del sistema, il fornitore ha garantito la sincronizzazione, che è molto sensibile (?) durante il periodo di garanzia ma scaduto i termini non se n’è più occupato. Per rimediare a ciò cosa farà ora il Comune? Una persona normale penserebbe: modifica la convenzione con AMG e inserisce la clausola di manutenzione, oppure richiede al fornitore la formazione di un paio di suoi dipendenti periti elettrotecnici o elettronici 8avrebbe dovuto farlo prima) e compra una paio di ricambi per tipo. Niente di tutto questo. Il Comune convenzionerà una ditta esterna per la manutenzione e (finalmente) farà installare un sistema di telecontrollo cosicché un centro di controllo potrà verificare se il sistema funziona e chiamerà i tecnici (esterni) quando c’è bisogno. Mi consta personalmente che oltre 10 anni fa l’azienda per l’energia del Comune di Modena ha fatto formare delle squadre di dipendenti tecnici che hanno realizzato la rete dati comunale e tutti i servizi connessi, tra cui anche la rete semaforica. Qui a Palermo la frammentarietà degli interventi, la dispersione delle iniziative, a Modena l’assunzione di responsabilità del Comune riguardo alle infrastrutture tecnologiche municipali. Ora ditemi voi, con questi presupposti che speranze abbiamo?

    13. Abacus, hai ragione: bisognerebbe costringere i politici ad occuparsi e a rispondere di questioni concrete come queste facendo sentire loro il fiato sul collo della pubblica opinione. Purtroppo i quotidiani locali parlano di altro …

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