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sabato 20 apr
  • Un foglio, un racconto: re di bastoni

    «Fammi finìri ‘u cornettu» – disse il “re di bastoni” -.
    «Che dici, magari ti arrimìno pure lo zucchero del cappucci…dammi i pòoolsi, amunì, tutti e due…subbito» – gli ripeto urlando quel subito con due b nel silenzio che era sceso nel bar di seconda del traghetto che scendeva da Cagliari a Palermo. Sono vestito tutto di bianco, vestito da commissario di bordo, il sovraintendente Trapanotto è alla cassa del bar, Marradi è da ieri che fa caffè e cappuccini ed è il nostro capo. Quattro passeggeri che giocano a Scala 40 e parlano in sardo stretto sono quattro colleghi della catturandi di Abbasanta. La madre del “re di bastoni”, avevamo fatto il verso a Bush con il mazzo di carte degli amici di Saddam Hussein, compiva 80 anni il giorno dopo e Nino Eleutero, aveva solo quella nave settimanale se voleva arrivare a Palermo in tempo senza separarsi dalla sua Porsche Cayenne. Fumatore incallito, secondo Marradi sarebbe passato dal bar o per acquistare i tre pacchetti giornalieri o a prendere il caffè. Ieri non l’ho visto, né a cena né nelle sale comuni, segno che sta in guardia, il suo volto è noto e la nave è sempre piena di agenti o militari dell’Arma che scendono in Sicilia a prendere servizio o di rientro da una licenza.
    SMS, «Uscito da cabina», il piccolo di camera agente Pellicone mi ha lanciato il segnale. Con l’interfonico annuncio dal “mio ufficio” : «Comunicazione di servizio, primo ufficiale Poviello alle manovre di sbarco», segnale cifrato fra tre minuti esatti pronti all’azione, percorso cronometrato da cabine a bar di seconda senza intoppi.
    Mi dirigo al bar fischiettando, con la fronte cosparsa di gocce di sudore, entro nel salone e identifico di spalle Eleutero alla cassa. «Ora !» – sta pagando, lo vedo prendere il cornetto in mano dal Marradi che glielo lascia afferrare, ma con l’altra mano gli stringe il polso destro distorcendolo.
    «Te lo bevi a Palermo il cappuccino che qui non lo sanno fare …» – dico rivolto a Marradi – mentre ammanetto quel verme che ci ha fatto penare da oltre sei mesi. I colleghi sardi, con le Beretta puntate sono messi in posizione di protezione pronti a saltare addosso, mentre gli agenti Sussolillo e Fonti, entrambi a ciabattoni e pantaloncini corti, allontanano con garbo i curiosi increduli.
    Questi dieci secondi mi son sembrati dieci anni, passati in un lampo davanti agli occhi.
    «State sbagliando…» – dice Nino Eleutero sorridendo- «io mi chiamo Pietro Eleutero e sono il gemello di Nino, avete sbagliato persona…». «Preso, preso…» – fece all’improvviso Marradi – «ero sicuro che c’è l’avremmo fatta». Non so cosa pensare e dire, quando Marradi, unico a sapere del gemello mancino e del piano di Nino Eleutero, urla di gioia. « Il catturando è sulla pilotina del pilota di porto».
    Il verme aveva concordato questo piano per sbarcare senza controlli ma non poteva immaginare che il marinaio della pilotina, già associato ad una cosca, si fosse dissociato. Abbiamo catturato un alias, ma anche l’originale.

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