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martedì 5 nov
  • Chi sconfiggerà la mafia? Un esercito di maestri elementari

    Parlare di Falcone nell’anno del ventennale della sua morte e non essere banali può risultare difficile. Il rischio di cadere nel già detto e nel retorico condiziona non poco. Non l’ho mai fatto prima, a parte qualche discorso tra amici o parenti. In questi anni, da quel 23 maggio 1992, la mia curiosità si è nutrita prevalentemente di documenti letti su internet e video su YouTube, di documentari in tv, racconti e opinioni.

    Quel giorno me lo ricordo bene. Fu la prima volta che sentì ripetere la parola “mafia”.
    Frequentavo la seconda elementare. Ricordo le frasi di circostanza che si è soliti rivolgere alla tv in occasione di un evento luttuoso. Ricordo le discussioni degli amici dei miei genitori. Non osavo chiedere, vedevo facce scure, mi ero fatto un’idea tutta mia. Credevo che la moglie dell’agente della scorta Schifani fosse, nella considerazione spesso distorta che hanno i bambini di fronte alla televisione, la moglie di Falcone. Me lo spiegò l’indomani la maestra che quella non era la moglie di Falcone, lei era morta nell’attentato.

    Da quel giorno si iniziò progressivamente a parlare di mafia, ci furono progetti, lavori, riflessioni. Per me, che ero bambino, era semplice. Esistevano i cattivi, uomini bruti e senza scrupoli, ed esistevano i buoni, uomini colti e sensibili come Falcone che combattevano per il bene dell’umanità.
    Pensavo, nella mia incoscienza infantile, che adesso, visto che tutti ne parlavano,sarebbe stato più facile individuare i cattivi. Tutti avrebbero cooperato per sconfiggere il male. Era ovvio. Buoni e cattivi si sarebbero sfidati e il bene avrebbe avuto la meglio sul male. Ce ne sarebbe voluto di tempo per capire che il confine tra bene e male non è poi così netto come appare. Poi, per molti anni, cadde il silenzio. Non ci pensai più, erano rari i momenti in cui si parlava di mafia. Lo Stato si era lavata la coscienza. Mi sono iscritto ad un liceo prestigioso, uno di quelli in cui si annoverano le personalità che l’hanno frequentato. Ci dicevano: «Noi formeremo la classe dirigente del futuro&@187;. Ma di quegli illustri professori, quasi tutti preparatissimi, mica tatàu, non c’è né mai stato uno che abbia pronunciato la parola “mafia”. Forse solo una, che io ricordi, una insegnante la cui onestà e rigore, allora, mi sembrava sconfinassero con il fanatismo. Lei ci parlava e ci faceva parlare di attualità, utilizzava gli argomenti delle materie studiate come parametri di valutazione, come spunto critico per capire il mondo contemporaneo. Ma comunque la questione non è mai stata seriamente affrontata. Si sprecavano i “progetti”, i “moduli”, i corsi extracurriculari. Tutti interessantissimi, per carità, ma quasi tutti orientati verso una sterile erudizione di cui, nel 2012, nessuno sa più che farsene, soprattutto quando si vive in una terra che prima di guardare ad altro debba risolvere le proprie endemiche problematiche. Uno dei corsi più interessanti, un corso di diritto con tanto di avvocati e pubblici ministeri come docenti, di presenze in tribunale e simulazione di processo, è stato trasformato in una sorta di show televisivo in cui si studiavano casi di delitti famosi, di quelli spettacolarizzati che appassionano il popolo distraendolo da fatti più importanti. Eppure eravamo in grado di capire, non stupidi.

    La svolta, il momento intuitivo, ancora una volta, avvenne negli anni dell’ Università. Già appena entrato in facoltà, il primo giorno, pensai tra me e me “sono nel posto giusto”, vedendo in bella mostra insieme ad altri ritratti il celebre scatto di Falcone e Borsellino in quell’atto così confidenziale, così autentico, che cristallizzava un momento di amicizia vera. Ci fu un anno in particolare in cui lo spirito del messaggio di Falcone entrò inevitabilmente dentro la mia testa. Non ricordo più quale, a Palermo si organizzò un grande concerto, c’era Carmen Consoli. C’era anche Maria, la sorella di Giovanni, a parlare con noi giovani. Ma, appunto ancora più importante, c’erano i giovani, tanti, venuti da ogni parte d’Italia, con la “nave della legalità”, apposta per partecipare alla giornata evento dedicata a lui. Mi colpì molto. Che ci fossero tanti ragazzi di Palermo o della Sicilia era piuttosto scontato. Magari anche a chi non ne fregava nulla, vedendo gente, sarebbe venuta voglia di uscire per strada. Poi si era a piazza Politeama. Ma che ci fossero tanti ragazzi provenienti da fuori mi fece pensare.
    Quella sera fu molto interessante, costellata di opinioni, di canzoni, di messaggi e riflessioni. Una di quelle giornate che ti fanno svegliare di colpo dal torpore in cui non credevi di stare da tanti anni. Il benessere a volte impedisce di fare riflessioni più profonde, può distrarre dal porsi delle domande. Iniziò la mia personale ricerca di cosa volesse dire “mafia” e “essere mafiosi”. Ho appreso del grande bluff della “contrapposizione” tra Stato e mafia. La più grande bugia che ci hanno raccontato. In questo mi aiutò ancora una volta lo studio, che grazie a una materia in particolare mi ha permesso di analizzare il problema in maniera critica, di farmi un’ idea più tecnica.

    La morte di Falcone, e più tardi di Borsellino, ha avuto comunque, e purtroppo, un merito, almeno per noi ragazzi nati a metà degli anni ottanta, che non abbiamo ricordi delle guerre di mafia, dei primi assassinii eccellenti. La morte di Falcone e Borsellino ha fatto svegliare gran parte (e sottolineo gran parte, non tutta) dell’opinione pubblica. Il senso di schifo, di vergogna e di rabbia scaturita da quelle morti ha risvegliato la dignità e l’amore per la vita insita in ogni essere umano. Il mondo, le istituzioni, la società civile si sono finalmente svegliati, e quell’eco è arrivata fino a noi, oggi, seppur non in maniera organica e costante perché, appunto, si è smesso di parlarne.

    Che la mafia non agisca più platealmente, che non mieta più vittime sacrificali, può indurre quella coscienza smossa grazie all’operato di Falcone a sopirsi lentamente e inesorabilmente, nell’ottica di un problema che non esiste più e di una forza sconfitta, mentre in realtà essa è lungi dall’esserlo. Ce lo dimostra l’attualità, nonostante qualcuno ogni tanto (proprio qualche rappresentante di quel fantomatico “Stato”) si ostini a voler dire che va tutto bene e che il cielo è sereno. I passi in avanti, da quel 23 maggio 1992, sono stati fatti, ma “quel fatto umano che ha un inizio e che prima o poi avrà una fine” non è ancora giunto al termine. Come tutti i fenomeni umani che stanno esaurendo la propria vena rantola, ma è vivo, e si annida anche nella disonestà dilagante di parte della popolazione civile e delle istituzioni, di chi agisce nell’ ombra.

    A Giovanni e Paolo, e a tutti gli uomini e le donne che li hanno preceduti, aiutati, e seguiti nella loro “folli” elucubrazioni mentali, va il merito di aver smosso le acque, di aver avuto il coraggio di rischiare, di metterci la faccia e di averci rimesso, in molti casi, la vita. Noi che ci affacciamo ora alla vita adulta possiamo cogliere il loro insegnamento ed applicarlo nel nostro piccolo. Ma per far questo abbiamo bisogno di una guida. Di qualcuno che ci insegni questi valori. La scuola come mero contenitore di informazioni serve a creare tanti piccoli, efficientissimi, robot. Interessa piuttosto, oltre alla cultura in sé stessa che è importantissima, che si formino delle coscienze civiche. Delle menti che siano in grado di capire certi meccanismi malati, dannosi per sé stessi e per la società in cui si vive, nonché per le generazioni future. Capisco perfettamente che avere il coraggio di Falcone o di Borsellino non è da tutti. Diciamo pure che è per pochissimi. Pensiamoci bene, quanto di noi avremmo il coraggio di fare quello che hanno fatto loro? Probabilmente nessuno. Noi normali cittadini non dobbiamo certo dimostrare eroismo, ma pensare diversamente quello sì, ci è concesso ed è un dovere. Possiamo applicare nel nostro quotidiano quei valori di lealtà che Falcone ha dimostrato di conoscere, anche nei rapporti di ogni giorno, con amici, conoscenti, colleghi, parenti o sconosciuti. Perché il problema alla base della mafia come di qualsiasi forma di criminalità è soprattutto un problema culturale. Sia tra coloro che ne vengono reclutati, sia tra coloro che la legittimano o tra quelli che non ne parlano. La scuola può e deve essere il canale attraverso cui passano queste informazioni. Aveva ragione Bufalino a dire che per combattere la mafia basterebbe un esercito di maestri elementari. Anche qualche docente in più, aggiungo io.
    Non c’è stato uomo, nella lotta alla mafia, che sia stato più tradito, da quelli che credeva amici, e vilipeso, da chi avrebbe dovuto sostenerne l’operato, di Giovanni Falcone. Ognuno di loro, con questo atteggiamento, è stato complice della criminalità, perché indirettamente l’ha favorita, ha rallentato il lavoro straordinario di Falcone e dei suoi colleghi. A loro non si chiedeva di esporsi in prima persona, come lui, ma semplicemente di sostenerlo, con i mezzi che erano loro possibili. Ma così non è stato. Ed è evidente che qualche problema di ordine etico c’è, in questa società tanto civile, che si riempie la bocca ogni giorno di belle parole.

    Per questo ad ogni momento di scoramento, ad ogni moto di rabbia verso ciò che non funziona e ciò che non va, anche quando ho conosciuto di persona l’atteggiamento mafioso di chi pur di farcela tenta di distruggerti, mi basta guardare alcuni suoi video e leggere l’onestà e la determinazione che traspare dai suoi occhi, per recepirne la positività e andare avanti. Grazie Giovanni.

    Ospiti
  • 14 commenti a “Chi sconfiggerà la mafia? Un esercito di maestri elementari”

    1. Sono soddisfatto di quello che ho letto perché la qualità che da subito traspare è la sincerità. E’ un bel ricordo di Falcone, Borsellino e del loro mondo, perché è scritto attraverso gli occhi della tua generazione.
      Tuttavia è importante non solo ricordare, ma proprio in questo giorno cercare di dare maggiori informazioni del PERCHE’.
      Del perché quelle stragi sono prima di tutto delle stragi di stato, del perché è stata la mafia ed ucciderli ma ci sono altri uomini potenti che hanno voluto la loro morte. E questo purtroppo se ne parla poco e niente, tuttavia rinnovo i miei complimenti. Un abbraccio.

    2. Complimenti!!!

    3. “VERI UOMINI D’ONORE”, chiamati giustamente EROI per aver svolto il loro lavoro con dedizione e non cedendo alla corruzione e alla paura per il male che incombeva su di loro….quello che teoricamente ciascuno di noi dovrebbe fare, ma che in realtà si lascia scivolare indietro trovando nella sua coscienza la scusante che da sempre funziona cosi e che sia normale, oppure quella di essere l’unico della società che per debolezza non riesce ad affrontare il male ma che al tempo stesso si appoggia sulla società stessa, sperando che sia più forte e che sconfigga la mafia per poi uscirne vittorioso insieme a gli altri.
      Come dici tu Vito ci vuole L’istruzione, L’educazione, quella giusta con dei veri MAESTRI che riescano a far crescere “tutte” le nuove generazioni con la mentalità giusta: ONORE = ONESTA’, LEGALITA’! perchè è da far rabbrividire al giorno d’oggi passare davanti una scuola media ed udire un ragazzino che grida fuori dalla finestra: “viva la mafia”.

    4. @angelo: è vero, se ne parla poco, ma il problema è anche che le indagini, almeno fino a ora, hanno portato a poco.ovviamente ci si potrebbe chiedere il perchè anche di questo..
      @giovanni: un bambino che grida fuori dalla finestra viva la mafia ha probabilmente alle spalle anche un retroterra familiare problematico.x questo la scuola dovrebbe arrivare laddove la famiglia non arriva.è ovvio che la primissima educazione parte dalla famiglia, la scuola deve razionalizzare e guidare questa educazione.

    5. neanche nella mia scuola si è mai parlato a fondo di mafia.educazione alimentare, stradale si, ma alla legalità nulla.vi confesso che io ho scoperto da sola che il 23 maggio è il giorno della strage di capaci..

    6. POSSO COMMENTARE?

    7. XYZ commentare sì, disseminare punteggiatura no. Ti invito a non utilizzare così il maiuscolo (equivale a urlare). Grazie.

    8. mi salta la riga invio

    9. non so se e` un errore di Hw o di Sw

    10. su altre applicazioni e` tutto ok

    11. Potete sbloccare l’area commenti?
      Grazie

    12. XYZ se fosse bloccata non saresti qui impropriamente a chiedermi di sbloccarla… Ti invito a utilizzare l’e-mail per comunicare con me, qui è fuori tema. Grazie.

    13. credo che possa essere argomento di interesse generale.
      Per 2 giorni l’area commenti
      mi e` stata inaccessibile,(o accessibile facendo
      i salti mortali sulla tastiera),
      pero`,
      solo su Rosalio.
      Non so che diavoleria sia capitata.
      Questo e` il primo commento in cui la schermata e` tornata regolare,pienamente disponibile.
      Ringrazio e prendo commiato definitivo,
      un saluto a tutti

    14. XYZ se non ti spiace sta a me valutare i commenti e ti invito a non utilizzarli per comunicare con me o per qualunque argomento che non riguardi strettamente il post. Grazie.

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