Il muro di carta
Qualche tempo fa ho collaborato alla creazione di un cortometraggio. Nato da un’idea di Luciano Accomando, “Il muro di carta” ha portato nuovamente una troupe cinematografica, anche se ridotta ai minimi termini, in quel di Corleone. Ovviamente, considerata la location, la deduzione sul soggetto di quel lavoro viene quasi spontanea. Mafia. Viene quasi spontaneo, appunto, accostare il nome di un paesino siculo, portato agli onori della cronaca dalla saga di Coppola “Il Padrino” e da un gruppo di efferati assassini che ne hanno infangato il nome, con la mafia. Lo stereotipo è talmente solido che le persone che arrivano a Corleone per la prima volta restano quasi deluse nello scoprire che le strade del paese non sono “battute” da uomini a cavallo, con coppola e cappotto “a firriolo”, lupara a tracollo e viso arso dal sole, temuti e rispettati da donne ammantate dallo “scialle” nero che, al loro passaggio, rientrano, sommesse, nelle proprie case attraverso porte-persiane. Forse, e dico forse, si sentono truffate quando decidono di sposarsi nella culla della criminalità organizzata siciliana per respirare le atmosfere del film di Brando e Pacino e scoprono, invece, di essere in un comune paese siculo con i ragazzi che sfrecciano in motorino e le ragazze che, allegre, passeggiano nella splendida villa comunale.
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