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venerdì 11 ott
  • Quelli di Bensonhurst

    A molte leghe da Manhattan, dopo una crociera sulla linea M della metropolitana, dopo aver attraversato binari sopraelevati coperti di graffiti, un quartiere interamento cinese e uno animato solo da ebrei fondamentalisti, scendo alla fermata della diciottesima avenue e mi ritrovo a Bensonhurst, Brooklyn. Esco dalla stazione e vengo accolto da una sfuriata di clacson di poche auto bloccate in un mini ingorgo. La cosa mi suona familiare, e, d’altronde, è per questa ragione che mi trovo qui, per cercare quello che mi è familiare, ma che qui potrebbe essere un po’ diverso.

    Sono, per così dire, inviato da Rosalio a cercare i palermitani di New York, quelli veri, non quelli finti di Mulberry Street, nella cosiddetta Little Italy, che sono più americani del tacchino del giorno del Ringraziamento, è che non sanno più nemmeno parlare la nostra (sicula) lingua madre. Mi inoltro un po’ a caso per Bensonhurst, anche se tutto quello che c’è di importante si trova sulla strada principale, la diciottesima appunto. Vorrei entrare in molti posti, ma sono tutti strettamente riservati ai soci, mi incuriosice per esempio il club della Congrega di San Vito di Ciminna, o quello de I figli di Sciacca, mi chiedo se i soci debbano essere originari dei rispettivi paesi e quanti ve ne siano da queste parti.

    Mi tocca camminare un po’ per arrivare all’associazione più famosa da queste parti, la Society of Santa Rosalia, che organizza ogni settembre il Festino della Santuzza. Il carro attraversa un lungo pezzo della diciottesima e si ferma solo all’incrocio con la 53esima quando inizia la zona degli ebrei sefarditi. I siciliani accorrono da tutta New York per vedere il Festino, che loro chiamano semplicemente “the Feast”.

    Society Santa Rosalia

    Il Festino è la cosa più famosa di Bensonhurst, dopo la mafia. Anche questo mi suona familiare. Nel 1989 l’omicidio a Bensonhurst del latitante Gus Farace, della cosca di Staten Island, fatto come favore alla FBI in cambio di chissà che cosa (Farace aveva ucciso un ufficiale federale), fece uscire nei media americani storie di violenza che assomigliavano molto ai film di Scorsese. Fu Steven Segal però a girare un film su quella storia e sulla supposta violenza del quartiere. In ogni caso – lo precisa anche Wikipedia – la grande maggioranza degli abitanti di Bensonhurst non ha niente a che fare col crimine organizzato.

    Entro nel Caffè Italia, proprio di fronte alla Society of Santa Rosalia. Vorrei raccogliere delle storie ma il bar è quasi deserto. Chiedo un caffè e mi fanno un espresso strettissimo. Sulla parete noto un enorme plexiglas con foto che ritraggono una trentina di persone sovrappeso con le maglie del Palermo che tagliano una torta rosanero, deve essere la festa per la promozione. La calma del bar è però soltanto apparente. Amici che sono stati qualche giorno prima mi hanno spiegato che il corridoio di fronte al bagno (uno solo, con la scritta “uomini”) porta direttamente a una stanza dove la gente discute animatamente in palermitano stretto. Non ci sono restrizioni per soci, ma gli estranei non sono normalmente ammessi. Inoltre, se si va verso la porta posteriore con l’insegna “EXIT” si entra direttamente in una stanza dove tutti fumano e giocano a carte, due cose strettamente illegali a New York.

    Io però non mi avventuro all’interno del bar, il prossimo “inviato” di Rosalio magari sarà più temerario. Finisco il caffè ed esco dal bar. Mi inoltro per la diciottesima finché, cambiato del tutto panorama (le avenues sono lunghe chilometri), incontro un ristorante di ebrei sefarditi, l’insegna dice: “qui, la pizza più buona di New York”. Lo diceva qualcuno, a ragione, il mondo si sta palermitanizzando.

    Ospiti
  • 5 commenti a “Quelli di Bensonhurst”

    1. questo per fare capire che non è tutto bene quello che esportiamo.
      gran bella esperienza. io intanto fra una settimana partecipo alla lotteria pr la green card!

    2. Sugli ebrei che si palermitanizzano diciamo che già Sergio Leone aveva detto tutto: i personaggi di “C’era una volta in America” fateci caso, sono mafiosi ebrei, mica siciliani!

    3. bell’articolo – ma se vuoi trovare veri palermitani, vattene alla friggitoria di Avenue U, sempre a brokkolino: il cassiere è dello ZEN 😉 (e pane e panelle sono buone!)

    4. Joe’s Restaurant di Avenue U, ha una cucina strettamente palermitana, ma viene frequentato anche da non-italiani e le cameriere sono russe.

    5. @Ciro, bravo, è proprio lui. Strano però, quando ci sono stato io (ottobre 2009), erano tutti masculi siculi…

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