Rosalio: dieci anni e tremila chilometri dopo
Le origini di Rosalio ci riportano indietro a un tempo ormai remoto nella storia di Palermo e della civilizzazione occidentale. YouTube era una novità; i telefonini erano molto phone e poco smart; Zuckerberg alloggiava in un dormitorio di Harvard e pensava in grande. A Palermo erano i tempi d’oro della prima giunta Cammarata, quella della ‘città più cool d’Italia’. Era il 2005, ma sembra preistoria.
Nella Palermo 1.0, di blog se ne parlava da poco. Io ne scrivevo uno personale e generalista, di quelli che adesso sono fuori moda. Raccontavo i cavoli miei, ma mi seguivano in molti, e da quella moltitudine un giorno mi contattò un uomo allora sconosciuto a me e alla maggior parte dei palermitani: Tony Siino. L’idea, mi disse davanti un caffè, era quella di raccontare la città collettivamente attraverso un blog. Venivamo da segmenti opposti dell’arco politico, ma ci accomunava il desiderio di bypassare i vecchi formati, a partire dall’antiquato Giornale di Sicilia. Accettando, mi univo a un piccolo gruppo di autori talentuosi, tra i quali ricordo Cristina Alaimo, Francesco Mangiapane, e poi Daniele Billitteri, Maria Cubito e Davide Enia. Qualunque cosa fai, è importante farla in buona compagnia.
Tutto sommato sembrava un progetto allo stesso tempo triviale e ambizioso. Triviale perchè alla fine era soltanto un blog, in cui tutti scrivevamo nei ritagli di tempo, senza compenso e i maniera abbastanza estemporanea. Ambizioso perché, con il potenziale di raggiungere un pubblico di massa, poteva cambiare le carte in tavola nel modo in cui cultura e politica venivano comunicati in questa città di strutture ingessate. Cosa che poi in parte successe, almeno a tratti. Allo stesso tempo elogiato, copiato e vituperato, Rosalio mi sorprese per la sua rapida ascesa nei mesi e anni successivi al suo lancio. Aveva toccato un bisogno latente dei palermitani di esprimere le proprie ragioni e sfogare le proprie frustrazioni, cosa che succedeva nei commenti e spesso a danno degli autori dei post. Chi non aveva la pelle dura lasciava e poi doveva leccarsi le ferite per un bel po’.
Un mese dopo la nascita di Rosalio, nasceva mia figlia e da allora li vedo crescere un po’ in parallelo. C’è in giro sul web una foto del primo anniversario di Rosalio in cui io ho in braccio una neonata che ha ancora il pannolino, oggi verrebbe per conto suo ascoltando l’ipod. Da allora dunque conto gli anni di Rosalio in base a quelli di mia figlia o, a volte, viceversa. Come un bambino alle soglie della pubertà, Rosalio è una creatura che non conosco più molto bene. Un paio d’anni dopo la sua nascita andai all’estero e a poco a poco smisi di scrivere i post. Come a tanti altri, troppi, la città mi negava quello che fuori mi offrivano su un piatto d’argento. A Palermo ci ritorno sempre con un misto di nostalgia e irritazione, quel solito odio-amore che sembra essere un clichè dei palermitani. A tremila chilometri di distanza Rosalio rimane per me un elemento di continuità, uno spioncino sugli umori di una città che ormai ha smesso di appartenermi, ma anche il ricordo di uno spaccato della mia vita personale che non tornerà mai più.
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