Adam Smith e il mercato di Ballarò
Da molto tempo volevo parlare di Ballarò, il mercato dove vado spesso a fare la spesa, e ogni volta noto sempre qualcosa che cattura la mia attenzione e che mi fa capire qualcosa sulla natura di questa città. Talvolta penso che un mercato così può esistere soltanto a Palermo, ma magari mi sbaglio.
Non parlerò delle origini storiche e del folklore dei mille colori e sapori etc. Una cosa che mi interessa invece è, per esempio, il funzionamento economico del mercato. Dopo una lunga esperienza e varie riflessioni ho capito che a Ballarò vige un andamento dei prezzi perfettamente dominato dalla mano invisibile. Naturalmente non mi riferisco a quello che un tempo sfilava il portafoglio dalla tasca (ma adesso Ballarò è il mercato più sicuro della città), ma al meccanismo di regolazione dei prezzi teorizzato da Adam Smith.
Lasciato alla libera decisione dei commercianti i prezzi a Ballarò si situano al punto di equilibrio fra domanda e offerta, in relazione alla qualità della merce. In termini pratici (escludendo il fruttivendolo di Piazza Ballarò che per un vantaggio geografico può permettersi di avere prezzi più alti) il prezzo di un chilo di pesche si fissa automaticamente in tutto il mercato in maniera rapidissima semplicemente sulla base di domanda e offerta, senza interventi esterni o accordi fra i negozianti. Si potranno trovare lo stesso dei prezzi più bassi, ma allora si potrà essere sicuri di avere in cambio pesche di peggiore qualità. Andare su e giù alla ricerca dell’affare è inutile, ci si ritroverebbe con metà del “coppo” con pesche marce.
Ora, tutto questo per me è sorprendente, perché è noto che la teoria di Smith è ormai quasi soltanto un’ideologia e i più grandi disastri economici della storia sono a lei dovuti. Al microlivello ciò è confermato dalle “sole” che mi prendo comprando in altre zone della città (giri l’angolo e trovi la stessa cosa che costa un terzo di meno). Affascinante è piuttosto l’ipotesi che l’autore della Ricchezza delle nazioni, abbia fatto, a insaputa dei suoi biografi, una visita in questa zona di Palermo, oltre duecento anni fa.
Di più recente fattura invece è la teoria della specializzazione flessibile. Per capire cos’è si possono studiare fior di volumi pubblicati da professoroni di Harvard e Princetonm, oppure, per afferrare il concetto base, fare un giro a Ballarò, dove è vero che la signora dei limoni vende soltanto quelli (e origano) e c’è uno che vende solo patate (e cipolle, bianche rosse e dorate) e l’altro solo olive (di otto tipi e acciughe), ma c’è anche quel personaggio che vedo da anni che spinge un passeggino con una cassetta con dieci triglie e tre calamari e allo stesso tempo “abbannia” i numeri della riffa, che poi estrae a fine mattinata. Gli immigrati si sono perfettamente integrati nello spirito, salendo da Casa Professa si può notare un negozietto dove si vendono generi alimentari del centro Africa e spesso dentro si trova una cliente che legge i giornali sotto un casco di parrucchiere d’antan.
La spesa in parrucchieria, più flessibilità di questa… Ma ecco volevo dire che sono a Ballarò questo mi sembra perfettamente normale…
N.d.R. (nota di Rosalio): la foto è di Franco Lucarelli.
(crosspostato su mannotpixel.com)
Arrieccomi…volevo ringraziare Nicola Pizzolato per questo scorcio di Palermo “vecchia” che ci ha regalato!
Io purtroppo non vivendo in centro sconosco molti luoghi storici e tipici della nostra città, tra questi Ballarò che come evidenzia il tuo articolo è un concentrato di colori, profumi, stranezze e normalità unicamente palermitane, tutto ciò come sottolininei anche tu è da da qualche anno arricchito dalla presenza di diverse culture che attivando delle dinamiche sociali connesse al processo di integrazione rendono questi luoghi ancora più affascinanti.
Solo per favore la prossima volta parlaci anche delle origini storiche te ne sarei grata 😉
Notevole questo post, bravo il Pizzolato!
Le origini storiche lasciamole ad altri, è giusto che sia così, ma i “mille colori ed i sapori etc.” ci sono comunque.
Impossibile parlare del Ballarò senza evocarli, anche inconsapevolmente…pur parlando di “freddo ed arido” funzionamento economico del mercato.
Complimentoni!
Quadro perfetto! Sul mio blog ho scritto già più volte di questo bellissimo autentico mercato.
Anch’io vado a comprare i limoni da quella signora anzianotta e mi faccio pure il Limoncello perche i suoi limoni mi sembrano genuini.
Ti sei però dimenticato di quel vecchietto mezzo zoppo che vende solo pane e olio & vino padronale in bottiglie di plastica riciclate. A volte viene aiutato da un ragazzo di colore – una bella imagine anti-razzismo!
Ballarò – il mercato di mille volti!
Bellissimo articolo, mi sono proprio divertito a leggerlo, penso che lo proporrò ad alcuni amici.
Quello che mi ha sempre affascinato e che qui ho ritrovato in un bellissimo passaggio finale sono i negozietti africani.
Certe mattine, transito davanti al parrucchiere africano e quando ci sono più clienti, è un’esplosione di colori e di risa.
Ho scoperto quasi per caso, guardando divertito e incuriosito, che le ragazze africane hanno una vera e propria predilizione per i capelli lisci e non potendoli ottenere (nessuna cosa li potrà mai stirare) ne attaccano dei finti a delle treccine, un lavoro da pazzi.
Ballarò é forse il vero mercato rimasto, a palermo. Il capo é a metàù fra il turistico e ormai mercato prossimo al centro (la Vucciria é morta lo si sa).
Ballarò come dici, é più influenzato, da un lato dalla gente che ci abita, é un mercato quasi per i residenti, a differenza del Capo, che é diventato quasi per turisti.
Gli africani che hanno i loro banchi sono moltissimi, e sono curiosissima di sapere cosa sono quei tuberi che vedo sempre lì, nei banchi africani.
Per inciso, c’era un ristoramte africano, una volta, vicino Livorsi zona tribunali,in cui si mangiava fantasticamente. Ho visto che ha chiuso, ma la cucina africana e la cultura centro-africana ( e quindi senegal, Ghana, etc..), dove la ritroviamo?
“Ora, tutto questo per me è sorprendente, perché è noto che la teoria di Smith è ormai quasi soltanto un’ideologia e i più grandi disastri economici della storia sono a lei dovuti.”
Curiosa affermazione. Suppongo che, essendo un ricercatore, avrà numerose evidenze da portare a supporto della sua tesi. Potrebbe citarle?
un ritratto particolare e più recente del nostro mercato
http://www.pupidizuccaro.com/2011/12/02/ballaro/
L’unico punto su cui non mi trovo affatto d’accordo e’ l’equivalenza prezzo=miglior qualita’ e sull’inutile ricerca dell’affare.
La frutta e’ una merce da scegliere .Non sempre il prezzo rivela la qualita’.Ci puo’ essere merce bella esteticamente ma valente zero per il gusto, e al contrario una merce meno appariscente ma dal sapore ottimo .E questo e’ il fine dei mercati:rendere la possibilita’ di gustare buone cose scelte con criteri vari ,cioe’ non solo l’apparenza.