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giovedì 2 mag
  • Allagamenti a Mondello

    Il collettore nord ovest, disastri palermitani

    Per capire fino in fondo l’entità degli eventi che portano oggi a contare gli allagamenti in un tot al mese, occorre partire da lontano, ovvero dai tempi di Italispaca. Una società istituita nel 1988 dall’allora governo Goria per realizzare un pacchetto di opere pubbliche tra Palermo e Catania, lontano da possibili condizionamenti illegali degli enti locali siciliani.

    Occorreva fare qualcosa per risolvere alcune clamorose inadempienze delle previsioni del Parf (Programma Di Attuazione Della Rete Fognante). Il Depuratore di Fondo Verde (detto depuratore dei 100.000) e il collettore nord occidentale erano le principali opere fognarie previste.

    Quest’ultimo avrebbe dovuto convogliare le acque meteoriche raccolte lungo il percorso ed i reflui depurati a Fondo verde. I recapiti delle acque meteoriche al collettore comprendevano una parte di Mondello e le contrade di Partanna, Marinella, Pallavicino e Tommaso Natale: un bacino idrografico molto ampio, accentuato dalla presenza dei rilievi di capo Gallo, i cui canaloni immettono tutti nella pianura sottostante.

    Il collettore, pertanto, era dimensionato per accogliere enormi volumi d’acqua: un’ampia galleria che partendo da fondo Anfossi, a metà strada tra Pallavicino e Mondello, perveniva al di sotto dell’attuale viale Olimpo all’altezza dell’incrocio con via Castelforte. Da qui, seguendone l’asse del nuovo viale, giungeva a Tommaso Natale, sottopassando il quartiere e proseguendo più avanti fino allo sbocco a mare, previsto in corrispondenza del promontorio che sovrasta Sferracavallo, lato ovest. Per intenderci, il costone roccioso che viene oltrepassato in galleria sia dall’autostrada A29 che dalla ferrovia verso Punta Raisi.

    Mentre ancora si scavava, veniva però veniva istituita la riserva Naturale Orientata di Isola delle Femmine, che inglobava al suo interno proprio lo sbocco del collettore. Nonostante si trattasse di recapitare per la maggior parte acque meteoriche, dato che soltanto una minima percentuale di esse, comunque già depurate, sarebbe provenuta da Fondo Verde, il commissario della Riserva si è sempre opposto alla collocazione dello sversamento nelle acque di sua competenza: le acque sversate, avrebbero comunque alterato l’equilibrio della fauna marina. Per questo motivo, a cui si aggiunse, nel frattempo, il fallimento dell’impresa esecutrice, lo scavo del collettore si fermò a poche centinaia di metri dalla meta.

    Anche in questo caso tipicamente palermitano, come è avvenuto per la sopraelevata, il velodromo, il palazzetto dello sport e tante altre opere pubbliche, da una parte si realizza un’opera, dall’altra si pongono i presupposti del suo totale inutilizzo.

    Va infatti rammentato che l’istituzione della riserva coinvolgeva in prima persona il Comune di Palermo: lo stesso ente, quindi, che aveva programmato, progettato ed ottenuto il finanziamento del collettore che avrebbe dovuto sversare le proprie acque nella stessa Riserva. E che, nella consapevolezza dell’importanza fondamentale del collettore per scongiurare eventi alluvionali in tutta l’area nord del suo territorio, non riuscì, o non volle, imporre un ripensamento ad una decisione che, a voler essere teneri, appare oggi fin troppo zelante. E molto poco efficace ai fini della protezione dell’ambiente.

    Si pensi che, ultimato il depuratore di Fondo Verde, occorreva risolvere il problema del recapito dele acque trattate, in assenza del collettore di cui sopra. Si decise di metterlo in funzione adottando un “geniale” stratagemma: pompare le acque trattate in una condotta in pressione fino a Villa Adriana; da qui, a gravità, le acque sarebbero pervenute nella rete fognaria cittadina.

    Il sistema funziona fino ad un certo punto: la condotta di rilancio, infatti, è dimensionata per portate ordinarie, e non certo per la notevole quantità di acque bianche che vi si accumulano durante le piogge torrenziali che ormai frequentemente colpiscono Palermo. In questi casi, ciò che non riesce ad essere pompato viene fuori dai tombini di via dell’Olimpo o via Castelforte, dando luogo ad un maleodorante spettacolo a cui gli abitanti della zona sono ormai abituati. Con buona pace della salvaguardia ambientale, del tutto ignorata anche per il motivo seguente.

    Le pompe di rilancio, infatti, consumano notevoli quantità di corrente elettrica, incrementando le spese a carico di Amap (e, quindi, dei suoi utenti), ma anche i consumi energetici e le relative emissioni-equivalenti. Un altro effetto del tutto contrario alla sostenibilità ambientale che, con la decisione di bloccare il collettore nord-occidentale, si voleva salvaguardare. In barba ai principi tanto cari all’attuale amministrazione comunale che, come sappiamo, vorrebbe convincere i cittadini ad abbandonare l’uso dell’auto privata a forza di tram e piste ciclabili…

    (in collaborazione con Palermo in Progress)

    Palermo
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