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e-mail: palermoefimmina@libero.it

Biografia: Maria Cubito è nata il 14 dicembre del 1970 in provincia di Catania, città nella quale ha vissuto, per la cronaca, solo per i primi 3 mesi della sua esistenza, poi dopo varie peregrinazioni per l'Italia si è stabilita a Palermo nel '76...pertanto è più palermitana di quel che sembra! Laureata in lettere classiche insegna da 14 anni, conciliando il lavoro "ufficiale" con l'"hobby" della radio. Conduce infatti su Radio Time (ormai non si ricorda più nemmeno lei da quanti anni...) Volevo essere bionda dalle 3:00 alle 5:00 del pomeriggio. Sue grandi passioni: la pizza, i libri, il vino rosso, il mare e l'Inghilterra!

Maria Cubito
  • La terra dei pruni

    Quando leggo di qualcosa che in Italia non va per il verso giusto (ogni giorno purtroppo) o semplicemente quando apprendo (spesso dalla stampa estera) di qualche gesto simpatico in cui si prodiga sovente il nostro presidente del consiglio, tipo, l’ultima, allontanarsi mentre tutti i membri del G20 sono in posa per la foto ufficiale per andare a parlare al cellulare, mi viene in mente la canzone di Elio e le Storie Tese La terra dei cachi. E mi sono sempre chiesta se l’Italia è la terra dei cachi, la Sicilia cos’è? Ho la risposta finalmente. Ma andiamo per gradi.
    Con grande rigore e professionalità il ministro Brunetta ha aperto la caccia ai fannulloni. Ben venga. Anche se io avrei aggiunto pure la meritrocrazia. Ma poi trope cose insieme non può essere. Orbene. Durante l’anno scolastico sono stata costretta a prendere ben quattro giorni quattro di malattia. Ma non tutti insieme prima uno, poi un altro e poi due. Quindi ho conosciuto tre medici fiscali. Mi rendo conto che la statistica è imprecisa e non so cosa porti uno che ha studiato medicina a fare il medico fiscale, davvero lo ignoro, magari non ci sono alternative e allora in tempi magri è pur sempre un lavoro più che dignitoso. Ma l’addestramento o dovrei dire la formazione come la fanno? Ve li presento. Continua »

    Palermo, Sicilia
  • Grammatica siciliana

    Grammatica siciliana quater

    Tante volte ho parlato di grammatica siciliana, regole peculiari e affini. Iniziai proprio così la mia avventura come autrice di Rosalio. Ci ritorno. È argomento inesauribile, anzi, argomento inesauribile è.
    Di recente riflettevo su come alcune espressioni siano incomprensibili, al limite del surreale per chi non è siciliano. Alcune volte anche per chi non è palermitano.

    • Per esempio, spesso quando chiedo ad alcuni alunni “hai fatto i compiti di grammatica?” la risposta più frequente è “non mi fido”. Ma fidarsi di chi? C’è qualcuno che vuole rubarti i libri e quindi non li tiri fuori perché non hai fiducia? Che poi, non mi fido è l’ultimo passaggio di una elaborazione più lunga. ‘Un m’a firu, diventa non me la fido, che poi si trasforma fino alla più fina versione non mi fido. Io, che non ho natali palermitani, ho appreso in questa città l’uso di questa espressione per dire “non sono capace” (esiste anche una variante più ”paesana” che è non ce la so), ma è usata anche nell’accezione di “non ce la faccio più”. Per esempio madre di un alunno esasperata: professore’ ce lo giuro non me la sto fidando più cu’ ‘stu picciuttieddu. Qualche giorno mi rovino (con leggera allusione alla fine che farà il ragazzino).
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    Il meglio di, Palermo, Sicilia
  • Siciliani all’estero

    Una volta lo stereotipo dell’ italiano all’estero era quello del piacione che andava abbordando le straniere con fare da provolone, oppure il pensionato coi bermuda e le espadrillas beige e calzini corti. Se giovane invece era dotato dell’inconfondibile invicta a righe, del k-way e del marsupio. Ma ormai c’è la globalizzazione, siamo tutti uguali e bla bla bla. Di ritorno dalla mia stagionale puntatina a Londra mi domando quale sia, piuttosto, lo stereotipo del siciliano all’estero. Se ne esista uno… Tra il serio e il faceto (più serio, stavolta, dico la verità) provo a delinearne il ritratto distinguendo tre grandi gruppi, in base a coloro in cui ho avuto la ventura di imbattermi. Continua »

    Palermo, Sicilia
  • Professore’ (atto secondo)

    Non lo volevo scrivere questo post. Sono in partenza per Londra. Una settimana. Vado a trovare mio fratello e mi disintossico un po’. Ne ho bisogno, a scuola ci sono un po’ di vacanze di Carnevale. E parto. Ma mi sento con le ali calate. Per usare la metafora delle ali. Non lo volevo scrivere no. Perché non volevo tornare a parlare di scuola. Così come pure a settembre avevo detto “questo è l’ultimo anno in questa scuola media. Provo il tutto per tutto e me ne torno al liceo. Pure se dovrò chiedere la provincia. Anche se ho una prima media. Pazienza. Non mi affeziono troppo e via. Vado a fare la professoressa con la P maiuscola. A insegnare finalmente quello che mi piace. Le lettere classiche, il greco, il latino…”. E invece sono ancora qua. Ma con le ali calate.
    Quando decisi di fare questo mestiere, la scuola non era questa. Tre scioperi hanno indetto i sindacati e tre scioperi ho fatto. E che è cambiato? Le mie resteranno parole. Tutte parole. Sono una professoressa quaquaraquà. La domanda del passaggio di ruolo scade il 28 febbraio e io manco so come è fatto il modulo. Continua »

    Palermo
  • Male fiùre

    Non lo so se le gaffe sono prerogativa dei siculi…non credo proprio. Tutti le fanno. Di ogni nazionalità. Sono certa però che la cosiddetta mala fiùra sia tutta nostra e non sono a conoscenza di un corrispettivo dell’espressione in altri dialetti. La mala fiùra è di più del semplice commettere un errore, è proprio quando ti cade la faccia a terra e vorresti raccoglierla col cucchiaino e altri luoghi comuni vari. Almeno una volta nella vita a tutti è capitato di farne qualcuna. A Catania si dice mala cumparsa. A Palermo la suddetta locuzione è preceduta da un rafforzativo trunzu di mala fiùra appunto, tradotto usualmente con torsolo di cattiva effigie. In qualunque modo si voglia denominare la cattiva figura fa sempre scassare dalle risate gli astanti, un po’ meno l’autore.
    Ne citerò qualcuna, partendo da una mia naturalmente. Se vi va allungate l’elenco. Continua »

    Palermo, Sicilia
  • Lamento di donna

    La prima volta manco ne capì niente. Dormiva. Nell’ovatta del sonno, mentre sognava di accattare pomodori rossi e succosi, sentì solo il dolore surdu dei pugni in testa e delle tiratine di capelli. Poi una botta più forte a destra. Nel sonno. Appunto. E vi ripiombò, masticando amaro e respirando tabacco e sudore vecchio.
    Si svegliò con la faccia che era un mascaruni. Stette chiusa una simana in quelle due stanzette coi muri bagnati di umidità e di muffa. Si affruntava a farsi vedere con gli occhi abbufficati e la faccia vuncia. Che doveva pensare la gente? Che, se pigliava legnate, era una buona a niente! Questo sicuro pensava. Si, che non la cercò nessuno. Solo la vecchia che stava allato e trascorreva interi pomeriggi dietro le tapparelle semichiuse, come le fessure degli occhi e sentiva tutto, le bussò “Hai di bisogno niente?” era zia Rosa per tutto il quartiere. “No zia Rosa, niente. Ho un poco di mal di testa, dopo ci busso io”. E poi, invece, non ci bussò e manco l’indomani e domani l’altro. Si affruntava. Continua »

    Sicilia
  • Buoni propositi per il 2009

    Il 2009 è neonato. Appena arrivato. Mischino…che ne sa di quello che l’aspetta nei prossimi 365 giorni. Magari pena mi fa. Però quando inizia il nuovo anno tutti fanno buoni propositi. Promesse. Quel genere di cose che, mentre addenti l’ennesima fetta di panettone, già ti senti a posto con la coscienza solo perchè hai pensato all’ingresso della palestra. Tipo il fioretto DI quando andavi al catechismo.
    Bene. Siamo a Palermo e pure noi dobbiamo pensare ai buoni propositi . Proviamo insieme a stilare l’elenco del bravo palermitano. Comincio io, continuate voi…

    1. NON lasciare l’automobile in doppia fila. Nemmeno in terza, se ci stavate pensando.
    2. NON accelerare in prossimità dei passaggi pedonali, ma fermarsi e fare attraversare.
    3. NON buttare la spazzatura prima delle 18:00, men che meno alle 7:00 di mattina.
    4. NON buttare per strada il fazzoletto di carta dopo essersi sciusciati il naso, o la carta insivata del pane e panelle, o la ciunga. Già che ci siamo NON sputare. Che non sta bene.
    5. NON pagare più i posteggiatori che ti dicono “ce la guardo io la machina”. ‘Un c’è nienti ‘i taliari.
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    Palermo
  • Feisbuc

    Non scrivo da quasi un mese. Da quando lo faccio per Rosalio, non era mai passato così tanto tempo. Mi sono chiesta, all’improvviso, come mai? Ho la risposta. È inutile che nego pure io. Me ne vergogno un po’ ma la colpa è di feisbuc. Mi futtìu. Ha fagocitato pure me. Ormai parlo in terza persona. Se mi chiedono che fai? Rispondo Maria è stanca e vorrebbe andare a letto. Sono locca lo so. Ma sono in buona compagnia. Non lo so com’è iniziato, mi sono iscritta per babbìo e poi giorno dopo giorno è diventato una sorta di dipendenza! Dicevo sono in buona compagnia, non so quanti siamo a Palermo. Io ci ho ritrovato quasi tutti. Dagli ex compagni agli ascoltatori, ai lettori, agli ex alunni. Pare che diventò una specie di zona franca ‘stu feisbuc, però. Tutti conosciamo qualcuno che nella vita reale non caghiamo più per vari motivi. Non si sa perchè sto qualcuno su feisbuc si sente autorizzato a richiederti l’amicizia. Ora mi domando e dico: emerita testa di caxxo, se non ti saluto quando t’incontro e se mi domandano se ti conosco dico di no, perché pensi che ti accetti come amico? Che diventò? Una dimensione parallela in cui io e tu siamo migliori amici? Continua »

    Palermo
  • Vicini

    Dico la verità. Questo post ha un secondo fine. Non è disinteressato. Confesso. Sogno, mentre lo scrivo, che il mio vicino di casa legga Rosalio e si riconosca nelle mie righe. Quando un bamboccione (o una bambocciona nella fattispecie) a più di trent’anni decide di andare a vivere da solo, lo capiscono tutti che non è più per fare festini e ubriacarsi tutte le sere. Finì quell’epoca. Ci bastò, diciamo. Trovi una casa, ti piace, ci vai a stare per essere tranquillo, per avere, come si dice, le tue comodità. Ti alzi quando vuoi, mangi quando vuoi, guardi la tv fino a notte fonda e bla bla bla. Soprattutto dormi con la casa immersa nel silenzio.
    Una delle soddisfazioni più grandi dell’abitare da soli è quella di svegliarsi con il suono della sveglia e non perchè qualcuno che vive con te decide che è ora di alzarti!
    Mio padre, per esempio, ha la patente di papà più rumoroso dell’universo. Fa rumore. Sempre e comunque. Ma pure da solo. Continua »

    Palermo
  • ‘u tiempu ri malu vistuti

    Consentitemi uno sfogo. Piccolo e superficiale…sarò breve.
    Dice che non esistevano più le mezze stagioni? Anzi le menze stagioni (come le menze birre)…botta di sale! Saranno almeno due settimane che è mezza stagione. E i palermitani mi sembrano tutti attrezzati…che fa eravate pronti con l’armadio con su scritto “mezza stagione”? Tutti con ‘sti maglioncini di cotone…’ste scarpe chiuse. Tutti precisi…Ma dove le comprate?
    Ho problemi ad uscire di casa la mattina, o meglio sono rassegnata e sfoggio una mise diversa ogni giorno (in realtà sono drammatiche prove, il portiere secondo me appena esco mi ride dietro) ma mai nessuna azzeccata. La mise ri malu vistuti, diceva mia nonna. Mi sento incunnata come mai nella mia vita da quindici giorni a questa parte. Che poi solo a me capita? Vi faccio il mini elenco delle mie mise:
    1. MODELLO PRIMO MAGGIO (o 25 APRILE): jeans, camicia e giubotto di jeans. Un bel completino và. Sneakers ai piedi e via. Paro una che sta andando alla scampagnata del primo maggio, mi manca il super santos e il quadro sarebbe completo. Guardo il cielo e mi viene da inveire contro l’inclemenza del tempo “sempre p’i fiesti s’u sarba!”, solo che non è il primo maggio. E nemmeno il 25 aprile. Continua »

    Palermo
  • Metti una sera a cena

    Metti una sera a cena. Metti che è tardi, in realtà sarebbe già ora di dopo cena. Diciamo le 22:30 passate. Metti che ti viene voglia di una certa pizza in un certo ristorante del centro in cui, dicono, ci va spesso pure il sindaco (e vabbe’ pazienza!). Arrivi, tu e il tuo fidanzato e metti che non ci sono posti a sedere, ti tocca il tavolo 4 BIS fuori. Dove per bis si intende un tavolo per due, spostato da un altro tavolo per due, con cui fino a poco prima, faceva un tavolo per quattro, di appena 10 cm. Praticamente ti trovi a cena fuori con due perfetti sconosciuti.
    Bene. Sorrisi di circostanza a parte, che fai in un caso del genere?
    Soluzione N°1: ti accolli di condividere quanto dirai con tuoi vicini che non potranno fare a meno di ascoltare.
    Soluzione N°2: chiacchieri con loro e ci fai amicizia.
    Soluzione N°3: fai la parte di quelle coppie che non hanno più niente da dirsi e state zitti tutta la cena.
    Posto che le soluzioni N°1 e 2 le abbiamo scartate subito perché i soggetti non si prestavano e avevano l’aria di essere al primo appuntamento e posto che ci guardavano dall’alto in basso, storcendo un po’ il naso perché costretti a tale vicinanza (come se noi non desiderassimo altro dalla vita) meschinamente fingendoci annoiati, abbiamo optato per la soluzione N°3.
    Ecco i fatti. Continua »

    Palermo
  • Commesse

    Sono sicura che tutti sarete d’accordo con me nell’ammettere che lavorare, qualsiasi sia il lavoro svolto, pur nobilitando l’uomo, è una gran camurria. Dato per assodato questo, ci sono lavori e lavori. Ognuno con i suoi pro ed i suoi contro. C’è però un lavoro che, secondo me, nella nostra città, è svolto in modo quanto mai originale. LA COMMESSA.
    La premessa è che: trattasi, nella gran parte dei casi di un lavoro di ripiego, mal o sottopagato, le ragazze sono spremute al limite delle loro forze, non hanno ferie, malattia e se restano incinte sono licenziate e quante più cattiverie immaginate, ma, data questa come giustificazione (?), mi permetterei di classificare le commesse della nostra Palermo in alcune categorie.

    • A. Quelle con la ciunga. Sarà deformazione professionale o paranoia professorale, ma io una che mi si rivolge, mentre lavora, masticandomi in faccia la ciunga con la bocca aperta proprio non la reggo. Di solito quelle con la ciunga hanno pure le tappine e strascinano i piedi negozio negozio. Continua »
    Palermo
  • De soceris

    Vado in vacanza per un po’. Diciamo fino a fine agosto. Me lo merito, la verità. Prima però, un quesito da porvi, anzi da porci ce l’ho. Non credo sia usanza sicula, però il dubbio mi venne. Illuminatemi, se potete.
    Vengo al dunque.
    Dopo un po’ che ti fidanzi, inevitabilmente, ti capita di incontrare i suoi genitori. Papà e mamma del fidanzato và. Allora, posto che siamo grandi e vaccinati e ogni imbarazzo si può superare, un problema ce l’ho e mi resta mi sa. COME LI DEVO CHIAMARE?
    Ci sono diverse scuole di pensiero. Ho fatto i miei sondaggi. La spaccatura maggiore sta nel dare del tu o del lei.
    Infatti c’è una grande categoria che propende per chiamare “mamma” la suocera. La stessa categoria si divide in:

    • MAMMA-DI-TU
    • MAMMA-DI-LEI

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    Palermo
  • Marte e Venere

    Che maschi e femmine siano diversi è cosa nota. Dice che i maschi vengono da Marte, e le femmine da Venere…di nichi e nichi iniziamo a sperimentare queste differenze che, spesso, ahinoi, da grandi diventeranno incolmabili in alcuni casi. Ma non è un post sulle divergenze caratteriali che voglio scrivere, no. In quel caso l’esperienza non è mai abbastanza. Voglio andare alle origini proprio.
    Sere fa, in un locale, dico al mio fidanzato, vado un attimo in bagno. E già qua si apre un cratere. Una voragine proprio. Andiamo insieme mi fa. Ovviamente il bagno delle donne è occupato, quello degli uomini no. Tre nanosecondi dopo (compresa la lavata di mani) è fuori. Io aspetto. Sento voci provenire da là dentro, ma non busso. Che fa non lo so che in bagno le femmine ci vanno in due? Venti minuti dopo, sono riuscita ad usare il bagno pure io. È una storia lunga. Ma andiamo con ordine e sveliamo pure il perché della necessità di andare in bagno con l’amica. Continua »

    Palermo
  • Tappine

    Ho la scarpiera piena. Piena piena di scarpe ovviamente. Che ci devo mettere nella scarpiera buatte di pomodoro? Ho la fissazione per le scarpe come il 90% delle donne. Giusto stamattina pensavo che me ne servirebbe un altro paio. Una cosa così, niente di impegnativo, per andare a mare, per tenere il piede fresco. Già dall’anno scorso si usano ste benedette Crocs. Americane. Di plastica. Colori accesi. Bucherellate così il piede “respira”.
    Larieeee. Ma quanto sono larie. E costano pure 50 euro! Somigliano un sacco a quelle degli infermieri. Con rispetto parlando s’intende. Pure a volermi sforzare…non le ho comprate l’anno scorso, figuriamoci se ci penso quest’anno. Non me ne voglia chi già le possiede. Ma non mi convincono niente niente, hanno un aspetto troppo “futuristico” e io sono troppo affezionata alla tradizione. Credo che comprerò l’ennesimo paio di infradito. Mia nonna quando indossai il primo paio, sarà stato l’inizio degli anni ’90, le chiamava ‘i scarpi cu’ iritu ‘ncagghiatu. Mi avrà chiesto mille volte se non mi dessero fastidio… Ora che ci penso in mezzo a tutte le scarpe che possiedo proprio comode comode non ne ho. Avrò il piede storto forse o un’abilità particolare nello scegliere quelle sbagliate. Ma storia vecchia è. Ho sempre avuto questa passione per le scarpe. Raccontano leggende familiari che, quando avevo si e no 6 anni, non ci fu verso di farmi togliere un paio di scarpe di vernice rosse. Scippai legnate, ma lo stesso con le scarpe messe e gli occhi cacati di pianto volli andare a dormire. Ho un sacco di ricordi legati alle scarpe nel periodo dell’adolescenza. Continua »

    Palermo
  • Emanuele

    Mi chiamo Emanuele. Ho 13 anni e quest’anno ho finito la terza media. Mi sono iscritto al liceo classico perchè sono bravo. Tutti i professori gliel’hanno detto a mia madre. È bravo. E sensibile. Gli piace leggere e scrive bene. E mio padre e mia madre si sono convinti a mandarmi in questa scuola che nella mia famiglia nessuno l’ha fatta mai. I miei cugini più bravi hanno fatto l’alberghiero e una pure il magistrale, anzi liceo psicopedagogico si chiama. Mi hanno avvertito se ci vuoi andare ci vai, però picciuli ‘un ci nn’è perciò se studi ci vai sennò tinni vai a travagghiare. Io ci voglio andare voglio provare. Magari poi vado all’università e faccio l’avvocato. Non lo so questo ancora.
    Però io ho un sogno. Voglio diventare ballerino. Sta fissazione mi venne già alla seconda elementare. Voglio proprio ballare in un teatro grande, magari a Parigi, un teatro con tutte le luci e i costumi più brillanti del mondo. Le paillettes e le piume. Continua »

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  • Il destino non esiste

    Il destino non esiste. Lo ripetevo sempre. Poche certezze ho nella vita e questa è una. Sentivo parlare e dire destino, fu! E pensavo tutte minchiate sono. A testa bassa andavo avanti facendo finta di tenerla alta quella testa che sempre dura è stata. Sempre. Mio nonno ci bussava sopra e diceva sta testa a ficiru ch’i petri d’a sciara quando già a tre anni mi impuntavo e mi stricavo a terra se le cose non erano come dicevo io.
    Mettici pure il malo carattere. E le convinzioni che col passare del tempo diventano sempre più parte di te e ti persuadi che la tua vita ormai è quella che vivi da 37 anni. Che tutto quello di bello che doveva accadere è già accaduto e che il resto è solo impegnarsi un po’, per fare si che qualche scossone non faccia vacillare tutto un sistema di certezze che credi incrollabile. Il lavoro, la casa, gli amici, le vacanze, la musica, i libri. Ti senti appagato, ironizzi sullo stile di vita, vantandotene quasi, pure se in fondo in fondo da qualche parte c’è una vocina che fa delle domande…insinua dubbi…ti chiede se davvero non ti manca niente. Continua »

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  • Single in carriera a Palermo

    Ogni tanto mi vengono dubbi sulla tanto agnognata, conquistata e sbandierata indipendenza che io e tante mie amiche carrieriste abbiamo finalmente raggiunto. E lo diciamo pure con una punta di orgoglio.
    Siamo single, libere e indipendenti, senza figli, né marito, partiamo quando ci pare, facciamo tardi la notte…(Mah…andare a letto alle 23:00 è fare tardi la notte?).
    Sarà…ma certe volte mi pare tutta una pigghiata p’u culu. Mi pare che ai maschi stia bene così. Ci facciamo il mazzo quanto loro, però, normalmente, guadagniamo molto meno a parità di lavoro. E in più loro trovano tutto bello apparecchiato e stirato dalle compagne o dalle mamme. Furbe, noi. Mah…forse abbiamo pure sbagliato città per fare le single convinte e in carriera. Vuoi mettere fare la single a Milano o a Londra. Là nessuno ti chiede come mai non hai un fidanzato-compagno-marito? Che domanda è poi? Tempo fa una signora chiese a mia madre e come mai sua figlia non si è sposata? Mia mamma non seppe, giustamente, che rispondere. Io esclamai…signora capita, no? Come capitano tante altre cose. Ad esempio lei perché è così pacchiona? Capitò immagino. Ecco. Non mi saluta più, ma almeno il vizio di farsi i fatti degli altri s’u livò. Poi dice che siamo acide… Continua »

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  • La terza volta

    Ci ho pensato un po’ prima di scrivere questo post…forse avevo bisogno di metabolizzare…come si dice. Ci è voluta quasi una settimana.
    La prima volta fu quando avevo 20 anni. Parcheggio stretto, strada isolata, vicino via Notarbartolo, mezzogiorno. Una mia amica ed io tentiamo di andare via. Ma lui è più veloce di noi. Ci fa il fermo (ogni palermitano sa cos’è…purtroppo) e ci spoglia di tutto quello che abbiamo: soldi, gioielli…allora non era ancora tempo di cellulare. Pazienza può capitare anche in altre città, certo. Sono giovane, la prendo alla leggera forse. Tutto si risolve in interminabili sedute al commissariato a guardare album di gente con precedenti penali per furto, culminate in riconoscimento all’americana e refurtiva, ovviamente, mai ritrovata.
    La seconda volta fu ad un semaforo in via delle Alpi. Le due di pomeriggio. Domenica. Estate. Manco un cane all’orizzonte. Coltello puntato alla gola, il rosso che mi impedisce di scappare e una voce “dammi tutti i picciuli” che proviene da qualcuno che si appoggia pure allo sportello. Indossa il casco integrale. Avevo centomilalire. Glieli ho dati. Continua »

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  • Se chiudo gli occhi

    Se chiudo gli occhi vedo i tuoi occhi seguirmi mentre il bus si allontana…quel bus che mi riporterà nell’isola che è anche la tua. O che era la tua. Quella che hai lasciato.
    O forse è lei che ha lasciato te.
    Certe volte penso che questa terra, questo mare, questo cielo e questo sole non ti volevano… non ti volevano, no. Ho l’impressione che ti abbiano sputato lontano lontano, dove sei adesso. Dove per vederti ci vuole per forza l’aereo. E dire che è un’isola pure quella…ma non c’è quasi mai il sole. Quasi mai.
    C’è tutta la vita dentro quello sguardo che mi segue, mentre la mano fa ciao e le lacrime scendono senza che io riesca a fermarle. La tua e la mia vita. È lo sguardo che mi accompagna per giorni, quando ritorno nell’isola che ormai per te è solo un posto dove vieni a fare le vacanze. Mi sono allontanata dagli altri, per consentire ale lacrime di scendere senza essere giudicata. Continua »

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