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e-mail: palermoefimmina@libero.it

Biografia: Maria Cubito è nata il 14 dicembre del 1970 in provincia di Catania, città nella quale ha vissuto, per la cronaca, solo per i primi 3 mesi della sua esistenza, poi dopo varie peregrinazioni per l'Italia si è stabilita a Palermo nel '76...pertanto è più palermitana di quel che sembra! Laureata in lettere classiche insegna da 14 anni, conciliando il lavoro "ufficiale" con l'"hobby" della radio. Conduce infatti su Radio Time (ormai non si ricorda più nemmeno lei da quanti anni...) Volevo essere bionda dalle 3:00 alle 5:00 del pomeriggio. Sue grandi passioni: la pizza, i libri, il vino rosso, il mare e l'Inghilterra!

Maria Cubito
  • Tante cose

    Le mie incessanti indagini sulla lingua sicula mi portano ad un nuovo aggiornamento di cui voglio rendere partecipi tutti i rosaliani.
    Intanto, visto che siamo in periodo di elezioni, mi interrogavo di recente su alcuni termini elettorali squisitamente siciliani.

    • Portarsi alle elezioni. Il verbo portare è transitivo! Cioè vuole il complemento oggetto! Noi lo facciamo diventare intransitivo e per di più riflessivo. Portarsi. Mi dissero che ti porti vero è? Ma come fa uno a portarsi da solo con tutta la buona volontà?
    • Salire o acchianare. Ovviamente se il candidato che si portò vince le elezioni si dice che acchianò. Ma dove esattamente? Su una scala, su un aereo? Oppure più fino è salito. Mio genero si portò ed è salito. O, meglio ancora, mio genero si porta che fa lo aiuti a salire? Roba che se, ci sente uno di Torino, strabuzza gli occhi e cerca aiuto.

    Fuori dall’ambito elettorale gli aggiornamenti riguardano invece alcune espressioni ricorrenti. Continua »

    Palermo, Sicilia
  • “Tria sunt genera piritorum”

    In fatto di pudicizia e russuri ‘nt’a facci il siciliano possiede una dose enorme di balatonaggine. Certo esistono le eccezioni. Ci sono degli argomenti tabù per chiunque ma non certo per il vero siculo. Primo tra tutti la scorreggia. Il pirito va. Pensiamoci un attimo, se ci leviamo la maschera di finulicchi, pur essendo d’accordo che elegante non è, a tutti è capitato di trovarsi in situazioni più o meno imbarazzanti…la prima reazione, pensateci, è quella di una risata nervosa…io stessa, non ritenedomi certo una che ha problemi a parlare di chicchessia, un po’ mi affrunto. Proviamo a sdoganare questo che, a quanto pare, è un retaggio della modernità.
    Nell’antica Roma, si narra, che si confermava ad un pranzo anche formale il gradimento del cibo offerto con rutti e piriti. I poeti latini, da Catullo a Marziale a Petronio, lo testimoniano. Tutto questo per dare una parvenza di dignità letteraria all’argomento su cui ci sono menzogne imposte da un’eccesiva “urbanità”.
    La prima menzogna che circola è che le femmine non li fanno. Continua »

    Palermo
  • Il mio superpapà

    Tra tutte le feste comandate quella del papà è quella che mi dà meno fastidio…sarà che me la ricordo da quando sono nata, sarà che il papà è sempre il papà, poi il mio si chiama Giuseppe pure. E allora, almeno per S. Giuseppe, un poco di retorica mi è concessa? Così tanto per mettere insieme i ricordi…prima i miei, poi i vostri.
    Quand’ero piccola il mio papà era il papà più bello del mondo. Mio papà mi metteva il pigiama la sera prima di andare a letto e papà è stata la prima parola che ho detto a 6 mesi. Ehm…si lo so. Un po’ precoce. Cronache familiari raccontano che le persone si scantavano a sentirmi parlare ancora nella culla…praticamente parlo da 36 anni e mezzo ininterrottamente…
    Ad ogni modo, dicevamo il mio papà era per me il più grande il più forte il più intelligente di tutti i papà del mondo. Mi ricordo che quando tornava da un viaggio aveva sempre un regalo per me: una bambola, la tavolozza con i colori per dipingere…una volta mi regalò un asse da stiro giocattolo che schifiai e mi incazzai pure (simpatica fin da piccola sono stata).
    Mio papà mi ha insegnato a guidare la bicicletta e pure la macchina se è per quello, era lui che rispondeva ai miei snervanti perchè e sempre lui quello che mediava con mia madre sull’orario di rientro, quando fui più grande.
    Ovviamente l’avevo idealizzato e guai a chi me lo toccava! Continua »

    Sicilia
  • Discorsi di femmine

    Giorni or sono conversando del più e del meno con un giovane uomo, mi confida tutto candido che la sua fidanzata è fortunata (e lui di conseguenza) perché, udite udite, ha pochissimi peli sulle gambe e se li leva ogni tanto con un colpo di rasoio! Dopo 20-25 minuti di risate, ho provato a spiegargli che è una fissaria bella e buona ma non ha voluto credermi, anzi forse si è un po’ risentito.
    Il punto è che certe cose noi femmine non le diciamo agli uomini, sono tabù. Sono invece spesso oggetto di discussione in riunioni al femminile e costituiscono uno dei cosiddetti discorsi di femmine.
    E io qua apposta sono. Non me ne vogliano le mie consorelle, ma sto per svelare alcuni di questi segreti che dovrebbero essere tramandati di madre in figlia. Se anatema mi coglierà pazienza!
    Se è vero che, a livello mondiale, il 98% delle donne ha i peli, è anche vero che nel caso delle donne sicule la percentuale sale all99,9%. Per cui a partire diciamo dai 12-13 anni le piccole sicule devono trovare il modo di estirpare il problema alla radice. Dopo quel momento la tua vita non sarà mai più la stessa. Tutto sarà subordinato a lui. Il pelo. È una lotta che si ingaggia presto e dura fino alla menopausa. Specie d’estate, tutto dipende dal pelo. Continua »

    Palermo
  • Spicchiamo inglish

    Rendo partecipi tutti i lettori di Rosalio di una recente nuova avventura in cui mi sono imbattuta per caso. E, siccome, più siamo meglio è, invito tutti a partecipare!
    Vive a Palermo da 22 anni, David Abbott, musicista inglese che coordina una serie di incontri (a vari livelli) di conversazione in inglese. Il tutto si svolge un paio di volte a settimana, di solito il venerdi e il sabato, ad orario grossomodo di aperitivo, in vari locali della città (spesso il Byblos, in via Archimede e il Cha in via Velasquez, ma si organizzano anche cene e altri incontri). Il tutto in un clima informale, rilassato e divertente. Si beve qualcosa, si fanno nuove amicizie, si chiacchiera del più e del meno, ma in inglese! Ognuno come può e con il suo livello (c’è la possibilità, poi, di staccarsi e di seguire le conversazioni, in base al proprio livello). Per conoscere l’appuntamento più vicino si può consultare il sito: www.speakenglish.vze.com.
    Sottolineo che tutto è assolutamente GRATUITO e che in questo mondo becero in cui chiunque può tenta di sgubbare picciuli, l’iniziativa è davvero lodevole.
    Che faccio, vi aspetto?

    Palermo
  • La festa delle medie

    Costretta ad un periodo di riposo forzato, penso. Come diceva Antonio Albanese. Non faccio un caxxo e penso. Cose inutili per lo più. L’ultimo pensiero inutile riguarda che cosa mi ha portato ad essere quella che sono diventata. Rifiutandomi di fare pensieri finto-psicologici-pseudo-profondi riflettevo sulle cose che, da piccola, mi affascinavano.
    Condizionata dai miti fanciulleschi di allora, ecco l’elenco delle cose che avrei voluto fare da grande:

    • La ballerina: alzi la mano quella donzella che non l’ha sognato per un periodo della sua infanzia. Solo che il sogno era fatto di tutù rosa e scarpette di raso, la realtà di allenamenti assurdi che mi fecero desistere a lampo. Ho solo un vago ricordo di una ca iccava vuci se non facevamo come diceva lei. Ancora a mia aspietta.
    • L’infermiera: il sogno appartiene al periodo Candy Candy. Che figata! E poi c’era Terence piedi piedi. Il fascino del camice…ma la sola vista di un ago mi dava le vertigini, perciò accantonai pure questo mestiere.
    • La poliziotta: caspita, mi sarebbe piaciuto assai, tutto il giorno a combattere con i cattivi. La divisa. La pistola. Ma c’era un’altezza minima (forse un metroesessantacinque) e io sempre nana fui. Perciò altro sogno infranto.

    Per un certo periodo, catturata da Grisù, volli fare pure il pompiere ma durò poco…ero già grandicella e andavo alle feste.
    Le mitiche feste delle medie. Come dice Elio. Che tempi meravigliosi! Continua »

    Palermo
  • Professore’

    Tante volte ho provato a parlare di scuola. E sono rimasta senza parole. Io che ci vivo da sempre, prima da studentessa, poi da professore’. È difficile. Credo di avere deciso di volere insegnare quando ero alla IV ginnasio. Volevo essere come la mia prof. di lettere. E poi come il mio prof. di filosofia. Non lo so se ci sono riuscita. Ci sto provando giorno dopo giorno. Nessuno ti insegna ad insegnare. Quasi niente di quello che ho imparato nei corsi abilitanti, concorsi, corsi di aggiornamento mi è tornato utile nella pratica.
    Si punta il dito contro la scuola. I ragazzi sono bulli perché i professori sono assenteisti, strafottenti e vanno a lavorare per lo stipendio (ah, ah, ah). Certo, alcuni sono così. Non lo so di chi è la colpa. Leggo di una professoressa aggredita da un genitore di un alunno a cui aveva sequestrato il telefonino che voleva usare in classe. Lo faccio anch’io. Allora prima o poi picchieranno anche me. Finora non è successo.
    Forse dipende da come ti poni tu insegnante, da come dici le cose. I miei alunni li prendo anche a male parole. Non si offendono. Lo sanno che fa parte di un gioco tra me e loro. Ma anni fa bastò che una supplente dicesse a un mio allievo “cretino” e si scatenò un caso diplomatico. Continua »

    Palermo
  • Lo stress

    Ho sbagliato. Lo so. Ma la colpa non è mia. Dovevo nascere prima. Molto prima. Così non avrei fatto parte della generazione X. Quella dei confusi. Quella dei precari. Non solo lavoratori precari. Pure sentimentali precari. Ci hanno messo le cambiali quando siamo nati noi. Prima crisi a 20 anni, seconda a 30, terza dopo i 35. Dice che le cose in Sicilia arrivano dopo. Forse tutto, tranne le crisi dei 35/40 enni. In quello siamo al passo con il resto d’Italia. Sai che prio.
    Vabbe’ uno si rassegna e va avanti. Certe volte si sente pure in compagnia. Un bell’esercito di cristiani in crisi. Mia madre e mio padre che si sono fatti un mazzo tanto (non si può scrivere ma si può immaginare) senza lamentarsi MAI si stupiscono sentendomi dire che sono stanca. E stressata. E mi chiedono può essere mai che sei sempre stanca e stressata? Pure la domenica? Pure la domenica. Continua »

    Palermo
  • È arrivata la Tarsu

    Approfitto (magari in modo improprio) di rosalio per chiedere se anche a voi è arrivata puntuale, come sempre (a ura di niesciri picciuli…) la cosiddetta TARSU. Mi sono chiesta cosa significhi la sigletta. Intanto, così per il suono, sembra il nome di una malattia, chessò io, un’influenza per esempio.
    Già vedo i titoli dei giornali: è arrivata dall’Asia anche quest’anno la temutissima epidemia: LA TARSU. Sintomi: mal di pancia, diarrea e nausea. Ad essere sincere i sintomi ci sono tutti. Aggiungerei pure il mal di testa.
    Solo che non è influenza. Non passa stando a letto tre giorni e prendendo tachipirina. È la tassa della munnizza che il comune ci invita a pagare.
    Per carità. Giustissimo. Che fa, non voglio pagare le tasse? Giammai. Anzi stonata come sono, mi è capitato di pagare due volte la stessa bolletta. Peccato che la solerzia impiegata nella riscossione dei tributi non sia la stessa dei rimborsi. Ma si sa. È la burocrazia… Continua »

    Palermo
  • Sushi e shiatsu

    A Palermo, è risaputo, certe tendenze, certe mode arrivano in ritardo. Siamo così noi. Conservatori. Prima lasciamo che siano sperimentate là fuori e poi proviamo a importarle pure noi. Almeno questa è un’ipotesi del perché alcune cose arrivino in Sicilia, quando nel resto del mondo sono un po’ superate.
    Anni fa (almeno 10) a Milano, provai la cucina giapponese. Ora con tutto il rispetto per lo sfincione, a pasta o’ fuirno, il brociolone, la meusa, le panelle, le crocché e la ravazzata, le melanzane ammuttunate e i carciofi con la toppa dell’uovo, mi piacque moltissimo. Non solo i piatti in sé, ma la cura nel preparare rolls e nighiri, la presentazione dei piatti. Tutto bello, non c’è che dire, anche l’atmosfera rilassata, tranquilla, lontana dalla vucciria mediterranea. Tornata in terra sicula, trascorsero altri 10 anni più o meno, prima che io potessi riassaporare quelle delizie di pesce crudo. Perciò, mi vesto sapurita, mi pitto e vado bel bella con un pugno di amici in un ristorante specializzato in cucina dal mondo, felice che anche nella mia città ci sia tale scelta… Bene, come fu e come non fu, forse fu colpa del vino costoso, usciamo da lì chi più chi meno soddisfatto (Valeria come primo boccone tastò una pappata di wasabi, che è tipo halls mento liptus, ma più forte, si sdegnò e restò diuna), ma un po’ perplessi per il conto…cazzarola 60 euro a cranio forse assai sono. Continua »

    Palermo
  • Totini, Manfredi e Nelli (aggiornamento 2008)

    È passato più di un anno dalla pubblicazione sconfortata di Totini, Manfredi e Nelli e non è che la situazione sia cambiata molto. In compenso però dalle indagini che io e le mie compagne di merenda continuiamo a svolgere, sono venuti fuori degli aggiornamenti sulla categoria maschio palermitano.
    Almeno altri due esemplari meritano una “scheda” a parte.

    GLI ALESSANDRI (o I SENSIBILI)
    Caratteristica principale: sono giovani, tanto giovani. Diciamo più o meno sui trenta. E sensibili. Ma su questo ci torniamo.
    Auto: non ha molta importanza se sono dei Manfredi in erba sarà sportiva, altrimenti può essere un’utilitaria qualsiasi.
    Frase cult: avrei voluto nascere prima, così avevamo la stessa età. (Grazie del complimento e della delicatezza, ah!). Molto gettonata, nei casi più coraggiosi, una confidenza: sei una donna talmente eccezionale che incuti timore e ti viene voglia di scappare (mmmhhh…sicuro un complimento è questo?)
    Abbigliamento da combattimento: niente da dire. Sapuriti si vestono. Spesso sono anche originali.
    Luogo d’incontro: la palestra. Sarà che sono giovani…ma quanto si allenano! Praticamente r’a’ matina a’ sira. Motivo per cui non si esce prima delle dieci di sera. Vabbe’.
    Argomento di conversazione: precedenti esperienze amorose (ma poco, quel tanto che basta a darsi un’aria un po’ sofferente che fa figo) e computer e affini. Sono proprio appassionati di tecnologia. Niente di cui lamentarsi, per carità, ma dopo tre ore a parlare di microchip, schede madri e photoshop io comincio a sognare un Totino o al limite pure un Nello.
    Postura in fase d’attacco: sono un po’ imbranatelli, ma hanno un non so che di tenero, tipo monciccì. Non sanno dove mettere le mani, giocherellano con i bottoni della giacca. I primi 10 minuti ispirano affetto poi passa subito, perchè la goffaggine si tramuta in coglionaggine.
    Ecco a dirla così sembrerebbero perfetti, penserà qualcuno. Il problema è la sensibilità. Già perché sono sensibili a senso unico. Devi stare attenta alle battute che fai, perchè potrebbero risentirsi, non farli sentire inadeguati se ti offri di pagare tu perché hanno un loro orgoglio di maschi e bla bla bla. Però dal canto loro, fanno e disfanno a piacimento, a seconda dell’umore, della crisi momentanea, del tempo, se il Palermo ha vinto…sensibili non c’è che dire!

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    Palermo
  • Barbie vs. Winx

    Samuele ha 11 mesi: non parla ancora…è un simpatico frugoletto con la faccia da cartone animato. Mi sono sempre chiesta a che cosa pensino a quell’età i bambini. A niente. O forse esistono dei pensieri che solo a quell’età si possono fare. Devono esistere. E i bastardi lo sanno. Ora vengo e mi spiego.
    I bastardi sono quelli che ideano i giocattoli per i bambini, devono avere mille lauree, master e quant’altro, in psicologia infantile perchè altrimenti Samuele non si sarebbe bloccato davanti a un pupazzo orrendo (che costa 35 euro) facendo un discorso. Ebbene si. Il frugoletto passa davanti a un TELETUBBIES e fa un discorso. Certo tutto pieno di nghé, nghé, nghé, ma pur sempre un discorso, con gli occhi che gli brillano. E un cuore di mamma può impedirsi di spendere 35 euro per un coso che non si sa cos’è? Giammai. I bastardi lo sanno. Come sanno pure che le bimbe di soli 4 anni sono attirate da ‘ste famose WINX. Praticamente delle zoccolette sotto forma di bambole.
    Mah, sarà la vecchiaia ma a me pare che l’evoluzione dei giocattoli abbia seguito l’evoluzione (o l’involuzione) della società. Continua »

    Sicilia
  • Ricchi premi e cotiglions

    Corre voce che il 31 dicembre sessantamila persone, trentamila coppie, si raduneranno in piazza S. Marco a Venezia, per scambiarsi contemporaneamente un bacio romantico l’ultimo dell’anno. Credo che questa sorta di pomiciata di massa sia l’ultima trovata per stupire a Capodanno. Già. Perché a Capodanno CI DOBBIAMO DIVERTIRE. È un obbligo va’. Se no sei un minchione. Si comincia i primi di dicembre. Chi incontri incontri, prima ti saluta e poi ti fa la classica domanda E tu, a capodanno che fai? Che se uno non è preparato rischia di entrare in crisi…
    Avendo fatto sempre la vita parallela di d.j. per almeno 15 anni, ho sempre lavorato in discoteca la notte di San Silvestro. Quindi, finora, me ne sono bellamente uscita così. Questo però sarà il secondo anno in cui preferisco (che volete, l’età avanza) non lavorare. L’anno scorso mi aggargiai con un pugno di amici strade strade e fu bello. Ora bisognerà attrezzarsi per quest’anno. Mi fanno paura un po’ di cose.
    1. I botti. Si può sapere che divertimento si prova a fari satari ‘n’tallaria i cristiani? Nel quartiere popolare in cui vivo è capodanno già da un pezzo e i picciuttieddi sparano petardi ogni pomeriggio. Lo devo annagghiare uno prima o poi. Dopo ve lo racconto.
    2. Il vestito. Non ci avevo pensato! All’improvviso ho realizzato che sarà necessario agghindarsi da capodanno. Mi comprerò un bell’abito tutto pagliettato, scollato così a mezzanotte meno un quarto già ho un bell’attacco di cervicale e un bel paio di stiletti da tredici centimetri, così potrò lamentarmi che mi fanno male i piedi almeno avrò qualche argomento di conversazione. Lo confesso. Mi piglia proprio male sto capodanno. Mi fa tristezza, l’anno vecchio che va via, le immancabili aspettative per quello che arriva, lo scoccare della mezzanotte e nessuno da baciare… E se faccio l’originale e mi va curcu alle 23? No…poi mi viene ancora più tristezza e finisce che piango tutta la notte e manco accanso sonno…e non mi devo scordare l’intimo rosso!
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    Palermo
  • Lettera a qualcuno

    Sapessi quante volte ho detestato questa che è soprattutto la tua città prima che la mia.
    Sapessi quante volte, stizzita, mi sono chiesta perché sono capitata in questa terra strapazzata dal tempo, dalla storia e dagli uomini.
    Sapessi quante volte, nelle notti d’estate, con la musica di un grillo nella testa, distesa con la faccia verso il cielo nudo, ho guardato Monte Pellegrino e ho detto che era colpa sua. Di questa città, della tua città.
    Ho sempre creduto di avere bisogno di nuovi cieli, sempre con l’anima dentro una valigia pronta sono stata.
    Sapessi quante volte ho detto domani me ne vado, non ascoltando chi mi diceva sembri una zingara.
    Eppure, dentro di me, sapevo che la risposta c’era. Mi aspettava qualcosa che dovevo cogliere. Qua. In questa città. Dovevo coglierla prima che sfiorisse. Continua »

    Palermo
  • La saggezza popolare

    Se è vero che nei proverbi risiede la saggezza popolare, allora pure in donna al volante pericolo costante, ci dev’essere un fondo di verità. Care consorelle, prima di scatenare la vostra ira contro di me, proviamo insieme a riflettere con calma. Non essere brave a guidare non è un’onta! Ci sono cose che noi riusciamo a fare meglio degli uomini. Guidare non è tra queste. Semplicemente. Siamo oneste. Le femmine non siamo cosa…o io sono sfortunata. E scarsa. Sfortunata perché su 10 amiche guidatrici una sola, Laura, sa davvero guidare bene. Scarsa perché, di base, potrei anch’io guidare bene, se non fosse che mentre lo faccio ho altre priorità.
    Per chiarezza “categorizzo” pure le guidatrici:
    A. QUELLE CHE C’ABBUTTA. Io per prima, dicevo, potrei impegnarmi, ma mi ritrovo sempre in altre faccende affaccendata: telefono (le migliori sciarre, le più grosse decisioni le ho prese al telefono, in auto), mi sistemo i capelli, faccio la pausa pranzo, bevo (acqua), fumo, cerco il cd giusto (ci sono volte che li cambio con una velocità che i miei colleghi dj manco li vedrei!) certe volte riesco pure a leggere il giornale…va da sé che una cosa sola alla volta riesce bene. E non è mai guidare. Continua »

    Palermo, Sicilia
  • Il giardino delle rose

    Era estate. Saranno stati 10 anni fa.
    Ho aperto il giornale e ho visto la foto. Una foto tessera. Morto sul colpo, a 42 anni. Sei stato sbalzato fuori dall’auto e sei morto subito. Inutile la corsa all’ospedale, come scrivono in questi casi. Non ho provato niente. Niente di niente. Anzi no, forse ho mormorato “l’eterno riposo”, ma a denti stretti. Forse avevo paura che mi venivi in sogno e ridevi ancora…
    Chissà se, come dicono, mentre morivi hai rivisto tutta la tua vita scorrerti davanti…
    Chissà se ti sei ricordato del giardino…
    Non so come ho fatto, ma prima di rivedere la tua faccia su quella foto, non l’ho ricordato per 25 anni nemmeno io.
    Era un bel giardino con le rose rampicanti, i gelsomini, c’erano gli alberi. Era grandissimo, o, forse, sembrava grandissimo a me che ero piccola.
    Ero piccola.
    E tu lo sapevi che ero piccola. Continua »

    Sicilia
  • Filosofi e allallati

    Mi chiedo se, invecchiando, sto diventando sempre più intollerante o se negli ambienti da me frequentati ci si sta involvendo invece di evolversi. Ora mi spiego. Anzi mi sfogo. Ci sono due categorie di persone nei confronti delle quali proprio non riesco ad essere paziente. Certamente non sarà prerogativa sicula, ma l’alta concentrazione di tali soggetti proprio a Palermo mi fa pensare…
    Ce l’ho innanzitutto con gli pseudo – filosofi: vero è che me la sono andata a cercare, però che pesantezza! L’occasione fu incontro – dibattito dopo la proiezione di un film di un artista – filosofo che scelgo di non citare perché nutro, comunque, per lui profondo rispetto. Film davvero poco digeribile, astruso, diretto male e recitato peggio. Linguaggio incomprensibilmente alto e scene culminanti nella levitazione di alcuni protagonisti. Nel senso proprio che si sollevavano, vulavano và, talmente riusciva bene la meditazione. Unico dato positivo: dura poco.
    Inizia il dibattito e resto basita perché, cari miei, i complimenti a destra e a manca sulla profondità della tematica trattata si sprecavano. Bello, bello vero. Mi viene l’atroce sospetto che tutto quello che una puoco non capisce è bello. Basta che ci siano parole difficili, location scuruse, citazioni a tinchité e immancabili parti in lingue straniere e il gioco è fatto! Continua »

    Palermo
  • Baciamoci

    Oggi avrò baciato almeno una trentina di persone. E non è nemmeno Natale. Tra tutti i baci che ho dato e ricevuto quelli di cuore saranno stati al massimo tre. Manca all’appello solo il mio portiere. Già che ci sono, da domani saluto pure lui con una bella vasata. Perché, diciamocelo francamente: il siculo è così. Baciatore. Se non bacia non vale. Se non è baciato non si sente salutato. Bacia pure al telefono o via sms. La formula di congedo diventò: ciao-ciao-un-bacio. L’esempio più eclatante l’abbiamo tra i nostri politici. Totò vasa vasa lo chiamano. Ci superano solo gli spagnoli che ti baciano addirittura al momento delle presentazioni.
    Forse io avrò, tra i miei antenati, qualche gelido nordico, ma, dopo 36 anni, mi siddiò. E lo dichiaro apertamente. Solo che ogni volta passo per scucivola. Non è grevianza, lo posso garantire! Da piccola, mia madre mi diceva “avanti saluta che andiamo”. E io salutavo. E tutti a baciarmi, zie, ziane, parenti ri parenti. E io mi asciugavo la faccia con la mano dopo ogni bacio e, puntualmente, appena uscivamo, m’arrivava un timpuluni…forse fu questo il trauma. Non lo so. Ma, mi chiedo “ciao”, “arrivederci”, “buon giorno” e “buonasera” non sono saluti? Continua »

    Palermo
  • Parla potabile (speaks drinkable)

    Dopo 17 anni di onorata carriera radiofonica, visto che il mondo dell’etere va veloce e richiede un contatto immediato, veloce e quanto più possibile (ahimé) frivolo, quest’anno, presa da superficiale babbìo ho introdotto una rubrichetta nuova all’interno di Tutti pazzi per Mery: PARLA POTABILE, ovvero SPEAKS DRINKABLE.
    La rubrica nasce dalla considerazione che siamo molto più anglofonizzati di quel che si vuole ammettere, andiamo al bar, facciamo sport, non andiamo più alle riunioni ma ai meeting, dove c’è il team leader e via discorrendo.
    Sulla scia di tali inutili riflessioni ho pensato di provare a rendere in inglese, in traduzioni molto, ma molto maccheroniche, i più diffusi proverbi siculi. Continua »

    Palermo, Sicilia
  • Viva la mamma (sicula)

    Sembra che tutti i mali d’Italia siano colpa delle mamme, che hanno cresciuto, stirando, lavando, cucinando eserciti di bamboccioni. Il putiferio scatenatosi dopo la dichiarazione del ministro (i commenti locali saranno stati del tipo bamboccione ci si’ tu e tutta ‘a to’ razza; tale’ a chistu ca si susi ‘a matina e spara fissarie) è indice del fatto che la mamma non si tocca. E se, per l’italiano medio, la mamma è sempre la mamma, figuriamoci per il siciliano medio. Più volte ci siamo soffermati a parlare del cosiddetto sgarro di madre, no? Però è pur vero che le mamme sicule hanno caratteristiche ulteriormente amplificate, rispetto alle mamme italiane in genere. Se le mamme sono tutte ansiose, per esempio, quelle sicule ancor di più. E poi ci sono cose che ti segnano per tutta la vita e che risalgono agli insegnamenti ricevuti dalla mamma. Premesso che voglio tanto bene alla mia mamma e che credo sia davvero il mestiere più difficile del mondo, ciò che segue è tratto dalla mia diretta esperienza e da quella di amici e conoscenti.

    Raccomandazioni ricorrenti
    Si comincia quando sei ancora quasi in fasce. Una delle cose che mi raccomandava la mia e che mi inquietava perché pur volendo ubbidire non ci riuscivo, era NON SUDARE. Lo scenario era passeggiata domenicale a villa Giulia (allora c’era pure Ciccio), orde di amichette, si giocava a nascondino, ci si rincorreva, tutti si stricavano a terra e io dovevo NON SUDARE. Continua »

    Palermo, Sicilia
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