Clic
Ho comprato la penna di G. Era nella vetrina di una cartoleria in centro. L’ho riconosciuta subito. Fusto celeste, cappuccio bianco inamovibile. Poi, la caratteristica che la rende immortale. I quattro tasti che comandano il colore. Clic. Vai col blu. Clic. Scegli il nero. Clic. Il rosso per le firme importanti. Clic. Il verde per cancellare una giornata d’autunno inoltrato. Con G. ho fatto le elementari. Era un tipo che destava curiosità. Gli volevo bene. Per gli occhiali con l’otturatore ruvido, credo. Per la sua pronuncia con la erre moscia (mi chiamava “Vobevto”). Per il suo sguardo serio da padre di famiglia, nonostante fosse appena un bambino. Per la svagatezza che lo rendeva luminosamente impalpabile. Pareva fatto d’acqua e gocce d’oro zecchino. Ma la cosa più strabiliante era la penna da cui non si separava mai. I miei compagni si dannavano per le figurine Panini, imbastendo traffici clandestini e campionati proibitissimi “a battone” o “a letterina”. Io toccavo il cielo con un dito quando il mio geloso amico decideva di concedermi un giro sul quaderno a quadretti con la sua meraviglia dai quattro colori. E ci disegnavo il mondo che volevo. Continua »
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