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martedì 19 mar
  • Arrivi e partenze: l’aeroporto di Palermo

    Marc Augè include tra i “non-luoghi”, quegli spazi della postmodernità “che non creano identità, non costruiscono relazioni, non si integrano con il passato”. Tra essi, oltre agli gli ipermercati alle autostrade e a Disneyland, vi include anche gli aeroporti: luoghi di passaggio, di comportamenti codificati, sempre uguali a se stessi.

    Ieri sera, mentre aspettavo alla sezione “arrivi” dell’aeroporto internazionale di Palermo mi veniva da pensare che il famoso antropologo francese, che è stato più volte a Palermo, dovrebbe ripassarci di questi tempi. La sua teoria entrerebbe in crisi.

    Sono le 21.00 e agli “arrivi” si aspettano i voli da Roma, Pantelleria, Milano. La sala è affollata e la gente è ciarlera. Tutti i posti a sedere sono occupati da parenti in attesa, molto spesso anziani. Al bar qualcuno sorseggia flemmaticamente un caffè freddo. Sotto le griglie di uscita dell’area condizionata, insufficiente, si formano cappannelli di uomini che più soffrono il caldo, discuto di ritardi aerei e di sport. C’è ressa sulla barriera che ostacola l’accesso alla sala del ritiro bagagli, delle donne con bambini sono ai primi posti (i bambini seduti sulla barriera o in braccio), mentre da dietro dei colli si allungano per vedere chi è arrivato. Non è la scena che di solito si vede agli aereporti internazionali, dove fuori dalla soglia della dogana stanno ad aspettare autisti di taxi con le facce annoiate e un cartello nella mano con la scritta del cliente da aspettare, di cui non si conoscono i connotati. Qui invece tutti conoscono le facce di quelli che aspettano. “Guarda quello è Francesco – fa una signora a suo marito – mi sembra dimagrito”. Francesco viene da una settimana a Pantelleria (con la Palermo bene?).

    L’attesa spasmodica di parenti fino al terzo grado non è infatti per viaggiatori che arrivano da oltreoceano dopo anni di assenza; si tratta invece di figli, fratelli, fidanzati, amici che sono stati dieci giorni a Berlino, due settimane in un’isola greca o a Barcellona nel lungo week end di Ferragosto. Qualcuno viene da Milano per le ferie portandosi la fidanzata nordica, confusa di essere accolta dai futuri suoceri, il migliore amico di lui, il cognato con i suoi due figli. In alcuni casi, ci sono anche amici e parenti di più lontana relazione: “volevamo farci una passaggiata, siamo venuti a salutare”.

    La folla a ridosso della barriera fa casino, ogni volta che si aprono le porte automatiche iniziano le grida per comunicare da una parte all’altra. I più atletici saltano agitando le mani. Per comodità qualcuno ha sorpassato la linea che un cartello vieta di oltrepassare e tiene le porte aperte occupando la fotocellulla. Gente che esce con bagagli sul carrello passa con difficoltà, si crea un ingorgo simile a quello che in questo momento c’è fuori dalla sala. Un solo vigile governa macchine in doppia e tripla fila, con il pullman che non ce la fa a passare, e i clacson che impazziscono. La notte si colora di scintillanti doppie frecce che brillano all’infinito. Ma da qualche parte ci devono essere altri vigili. Un uomo esce correndo e una donna gli fa: “ma dove vai, l’aereo è arrivato” e lui, con il cellulare in mano: “mi hanno appena telefonato, si stanno portando la macchina…”.

    Beh, per ritornare ad Augè. Osservando tutte queste cose ho pensato che non mi sentivo affatto in un “non-luogo”, spersonalizzato e senza identità. Quella sala arrivi, di un aeroporto internazionale poteva esistere solo in un posto, e in nessun altro.

    Palermo
  • 2 commenti a “Arrivi e partenze: l’aeroporto di Palermo”

    1. Augè…chi era costui? 🙂
      Augè…un tuffo al cuore! Proprio l’anno scorso mi sono laureata con una Tesi sui nonluoghi e so perfettamente di cosa si tratta. Per definizione dello stesso autore francese i nonluoghi sono non-identitari, a-relazionali e a-storici ma, nella mia Tesi, ho voluto proprio sostenere e dimostrare come invece non siano tali e, di conseguenza, come posano essere, al pari dei luoghi propriamente detti in senso sia antropologico che sociologico che psicologico, “vivibili”.
      Chiaramente l’aeroporto è solo un esempio di nonluogo, ma il post di Nicola Pizzolato, a proposito dell’aeroporto di Palermo, è più che calzante! Io stessa avevo già fatto simili riflessioni in passato e confesso che mi sarebbe tanto piaciuto inserirle in un capitolo speciale della mia Tesi, ma… 🙂
      Complimenti, Nicola! Davvero! Tanto divertente quanto reale!

    2. anche il canale di sicilia è un non luogo ormai da troppi anni e cimitero di migranti.
      C’è chi si sofferma sul caos da aereoporto in agosto e ama investigare sulle vacanze della palermo bene di ritorno da Pantelleria e chi nelle isole ci sbarca da clandestino arrivato come non persona.

      Rosalio il superficiale sono io!!!

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