Profilo e post di

e-mail: l.luca@repubblica.it

Biografia: Lucio Luca è nato a Ragusa nel 1967 ma vive a Palermo da quando aveva un paio di mesi. Ha cominciato a lavorare come cronista sportivo al Giornale di Sicilia quando aveva 18 anni. Poi è passato a Telecolor Catania dove è diventato professionista. Ha fondato il quotidiano Il Mediterraneo con quattro amici più pazzi di lui. Dal '97 lavora nella redazione palermitana di Repubblica dove si è occupato di cronaca nera e giudiziaria. Poi, dal 2001, è passato allo sport e agli spettacoli.

Vive con due donne (ma una è la figlia) ed è autore della rubrica Ghiaccioli all'arancio. Un autentico cazzeggio sul mondo del pallone siciliano.

Fino a qualche mese fa pensava che non avrebbe mai scritto un libro perché la letteratura poteva tranquillamente farne a meno. Lo pensa ancora, ma alla fine di libri ne ha scritto addirittura due. Il primo si intitola Prove tecniche di trasmissione, trent'anni di radio e tv private palermitane e racconta l'epopea dell'emittenza libera in città. Il secondo è Puellae e rappresenta una carrellata di storie di prostitute siciliane dall'epoca greco-romana ai giorni nostri. Ha promesso al suo editore di fermarsi qui ma è un maledetto bugiardo.

Lucio Luca
  • Obiettivo salvezza

    L’ho scritto anche qualche post fa. Con un’altra gestione tecnica e con una posizione di classifica ben più rassicurante di questa. Il Palermo quest’anno ha un solo obiettivo: salvarsi. E lo deve fare al più presto, mettendo punti in cascina, perché è stato costruito male e gestito ancora peggio. Colpa di Colantuono? Un po’. Colpa di Zamparini allora. Può darsi. E il direttore Foschi ce lo dimentichiamo? No, anche lui ha le sue responsabilità. Guidolin è appena arrivato e il suo compito non è dei più agevoli. Lo ha detto a Sky — e già penso a quanto sarà criticato per questo — che questa stagione sarà molto difficile per i rosanero. Sarà durissima, dico io, e se si arriva in primavera con pochi punti di vantaggio sul terzultimo posto diventerà tutto maledettamente complicato. Allora speriamo che Amauri e compagni si rimettano in piedi in fretta, a cominciare da sabato con una Fiorentina che, onestamente, non è il miglior avversario possibile in questo momento. Continua »

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  • Che notte, quella notte

    Non oso immaginare. Giuro, non oso immaginare quello che si sarebbe detto e scritto dopo il cappotto di Torino se in panchina al posto del simpatico pelato di Anzio ci fosse ancora l’antipatico musone di Castelfranco Veneto. Perché poi uno si salva sempre con il sorriso, la battuta, l’occhiolino schiacchiato alla giornalista bellona di turno: “E’ stata una serata storta, dimentichiamola e ricominciamo”, ha ammiccato il nostro amico Colantuono. Ci fosse andato in video quell’altro, il ciclista tanto odiato, si sarebbe messo la faccia di circostanza, non avrebbe nascosto la delusione e si sarebbe fatto schifiare ancora di più di quanto i tifosi rosanero (non tutti, ma molti) hanno fatto per due anni e mezzo.
    Perché, diciamolo, noi davanti ai piacioni ci sciogliamo. La serietà ci opprime, meglio farsi una sana risata anche davanti a uno 0-5 che poteva anche essere 0-10, a una notte in cui siamo stati umiliati, a una partita in cui undici giocavano a pallone e gli altri undici sembravano in gita d’istruzione per imparare cosa significa essere una squadra. Provate a pensarci un attimo: Francesco Guidolin che piazza dieci giocatori dietro la linea della palla e il povero Amauri a sbattersi da solo in mezzo a quattro difensori avversari. Provate a immaginare che avrebbero scritto oggi i giornali. E che avrebbero detto le tv locali. “No, non si va a Torino con questo atteggiamento. Contro le grandi devi giocartela altrimenti ti massacrano”. E infatti negli anni passati il Palermo era andato a giocarsela a Milano e Firenze, a Torino, a Roma. E quasi sempre ne era uscito bene, se non benissimo. Adesso abbiamo l’allenatore simpatico, quello che ride e fa bene al cuore. Certo, poi ne prendiamo cinque ma vuoi mettere? Che stiano zitti i nemici della contentezza, tanto alla prossima si vince e tutto è dimenticato. Continua »

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  • Calcio da morire

    Quel nome, scritto sui manifesti, l’avevo letto un sacco di volte. Era uno famoso qui a Roma, uno di tendenza, uno “giusto”. Un bravo ragazzo che faticava tutto il giorno, faceva tardi la notte per inseguire i suoi sogni, si accontentava di dormire due o tre ore e si presentava lucido e riposato la mattina successiva al lavoro.
    Gabriele aveva 26 anni e due immense passioni: la musica e la Lazio. Quella trasferta, a Milano contro l’Inter, non se la sarebbe persa per nulla al mondo. Anche se sabato fino alle sei era al Piper, una delle più famose discoteche d’Italia, a mettere dischi e a far ballare i ragazzi della sua età. Tanto avrebbe dormito in auto e sarebbe stato bello pimpante in curva a fare il tifo per Rocchi e Ledesma, Ballotta e Makinwa. Gabriele era un tifoso. Non un ultrà, solo uno che amava il calcio e i colori biancoazzurri. Un proiettile lo ha spento. Un proiettile ha spento i suoi sogni. E quelli di Lucrezia, la bellissima ragazza con cui stava da sei mesi. Un proiettile sparato da un poliziotto, probabilmente un altro giovanissimo che domenica mattina, alle 9,10, in un’area di servizio alle porte di Arezzo, è morto idealmente con lui. Quel dramma se lo porterà dentro per tutti i giorni della sua vita, quel colpo esploso per una tragica fatalità continuerà a sentirlo di notte, nei suoi peggiori incubi. Continua »

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  • Lacrime romagnole

    Le sceneggiate napoletane non mi sono mai piaciute. Troppo pathos, troppa deferenza nei confronti del mariuolo di turno. Figurarsi quindi se mi appassiono alle sceneggiate romagnole, cesenati in particolare. L’anno scorso, dopo aver fatto il pazzo in campo, il direttore sportivo del Palermo Rino Foschi andò in una scuola a parlare ai bambini: “Ho sbagliato, non si fa così. Vi prometto che non succederà mai più”. Ma Foschi ci è ricascato domenica a Genova macchiando una partita bellissima e ricca di emozioni. L’arbitro non ha visto un rigore su Cavani e il Nostro si è infuriato come una bestia meritandosi l’espulsione dal campo e i commenti non proprio benevoli di tutta la stampa italiana. E così è passato in secondo piano l’ottimo punto conquistato dai rosa su un campo difficilissimo come quello di Marassi, la grinta e la determinazione di una squadra che pare non arrendersi mai, il quinto gol in campionato di Amauri, le giocate fantastiche di Cavani (ma si può farlo giocare terzino???). Vabbe’, vuol dire che quest’anno deve andare così. Continua »

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  • Se uno si stufa

    È incredibile come nel calcio le cose possano cambiare nel giro di tre giorni. Dall’Inter al Parma, da un pareggio all’altro, dagli applausi ai fischi. Forse ci eravamo illusi domenica sera: il Palermo avrà pure gli attributi, come ripete fino alla noia il suo allenatore, ma ha solo un giocatore che tira in porta. E quando il portiere avversario non deve fare nemmeno una parata in 90 minuti vuol dire che, attributi o meno, questa squadra ha problemi, tanti problemi, e non basta prendersela con il mondo intero e con quei cattivoni dei tifosi per giustificare l’ennesima prestazione da dimenticare. E allora, approfitto dello spazio che mi concede Rosalio per commentare non tanto la partita – dovrei censurarmi e non mi va – ma quello che è successo subito dopo negli spogliatoi. Perché secondo me la misura stavolta è davvero colma.
    Per primo è arrivato Colantuono, arrabbiato come una bestia. “Contro di voi giornalisti non ho niente, ma non ho molto da dire su quello che è successo. Arrivederci e grazie”. E dire che qualcosa da dire ci sarebbe stata. Per esempio commentare le parole del suo datore di lavoro (chissà ancora per quanto…) che aveva appena sussurrato paroline dolci: “Sono deluso e amareggiato, non riesco a capire come si possano mettere in campo certe formazioni, chi l’ha fatto è fuori di testa”. Chi l’ha fatto è il suo allenatore, caro presidente, quello che ha scelto lei facendo fuori uno che l’aveva appena portata al quinto posto in serie A con il record assoluto di punti per la storia rosanero. Chi è causa del suo mal pianga se stesso, diceva quello. Continua »

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  • Guana in nazionale

    C’era un solo modo per fermare la squadra più forte d’Italia (e forse anche d’Europa). Bisognava giocare con umiltà, da provinciale, chiudere tutti gli spazi e sperare che quel mostro di Ibrahimovic avesse poca voglia di metterla dentro. Per 80 minuti è riuscito tutto alla perfezione, poi Zlatan ha deciso che era il caso di provarci e San Jimmy Fontana (e quella simpaticona della traversa) hanno regalato al miglior Palermo della stagione un punto fondamentale. Detta così sembra facile, ma domenica secondo me Colantuono ha azzeccato tutto. Persino quel Miccoli in panchina, che tanto ha fatto storcere il muso in tribuna stampa. Quattro marcatori arcigni (anche se Capuano, secondo me, è ancora l’anello mancante della difesa rosanero), cinque centrocampisti asfissianti e il solo Amauri a tentare di far male. Era l’unica per non prenderle. È andata bene anche perché, finalmente, c’è stato un giocatore che ha preso per mano la squadra e l’ha fatta giocare come Dio comanda. Questo giocatore si chiama Roberto Guana e la sua prestazione è stata a dir poco stratosferica, da Nazionale immediata. Continua »

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  • Bentornato catenaccio

    Un punto a Udine, di questi tempi, è sempre meglio di un calcio in pancia. La squadra friulana gioca bene, ha vinto a Torino con la Juventus, ha anche perso 5-0 in casa con il Napoli ma fu una giornata storta. E quindi l’1-1 di domenica, tendenzialmente, non è da buttare via. Il Palermo è in una buona posizione di classifica (dietro le grandi e davanti a Milan e Lazio) e si prepara alla grande sfida con l’Inter che dirà definitivamente se i Colantuono boys sono una mina vagante del torneo o una delle tante buone squadre da medio-alta classifica. Insomma, se può lottare con la Fiorentina per il quarto posto (Inter, Juve e Roma è difficile schiodarle e il Milan prima o poi si rifarà sotto) o se dovrà battagliare con Udinese, Lazio, Sampdoria e forse lo stesso Napoli per un accesso in Uefa. Che poi, se deve finire come con il Mladà, è meglio pure evitare. Continua »

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  • Palermo, che “cool”…

    Scompare (probabilmente) anche il torneo di tennis femminile. È la quadratura del cerchio. Qualche giorno fa avevamo parlato della triste fine degli Internazionali di Sicilia, adesso è quasi certo che anche la manifestazione del Country farà la stessa fine. Non ci sono soldi. Condivido la perplessità di alcuni di voi — perché un torneo privato deve campare con i soldi pubblici? — ma resta ugualmente l’amarezza. Palermo, c’era una volta lo sport. In attesa di uno Zamparini che abbia a cuore le sorte del “non calcio” ecco il comunicato del Country. Continua »

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  • Una squadra, finalmente

    Pensatela come volete ma per me il pareggio con la Reggina vale più (molto di più) della vittoria con il Milan. Perché domenica, finalmente, ho visto in campo una squadra di calcio. È la prima volta che capita quest’anno (a parte il primo tempo con il Livorno) e mi sembra un buon segnale per il futuro. Meno male che Amauri (anche lui, finalmente) ha pareggiato all’ultimo respiro perché altrimenti mister President avrebbe cacciato via il buon Colantuono e saremmo stati di nuovo punto e daccapo.
    Il Palermo non meritava di perde. Anzi, meritava di stravincere per tutto quello che era riuscito a creare nei 90 minuti di gioco. Niente di trascendentale, per carità, ma contro il bunker dei calabresi (ma si può giocare ancora in 10 in difesa e uno all’attacco nel calcio moderno?) le occasioni per far gol c’erano state e la beffa di Amoruso non ci stava proprio. Gruppo, determinazione, voglia di salvare la panchina al proprio condottiero: finalmente questi qui hanno tirato fuori l’orgoglio. Non sarà una squadra di fenomeni, ma almeno gli attributi ci sono e questo conta. Altroché se conta.
    Detto ciò, non sia mai che non si cerchi il pelo nell’uovo, altrimenti che ci stiamo a fare? E allora, dico quello che non mi è piaciuto così ognuno si può scatenare. Continua »

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  • E c’era una volta pure l’Uefa

    Questo sarà probabilmente il post più breve della storia di Rosalio. Intanto perché io la partita del Palermo contro i cechi non l’ho vista (non ce l’ho ‘sta carta 7, che ci posso fare?) e poi perché tutto quello che avevo da dire l’ho detto. Anzi, lo dico da questa estate e, purtroppo, non ho ancora cambiato idea. Certo, non ho alcuna conoscenza calcistica come dicono alcuni grandi esperti anche in questo blog, ma mi piacciono i numeri. E quelli, con rispetto parlando, non tradiscono mai. La partita non l’ho vista, vi dicevo, per cui, cari amici, se vi va raccontatemela voi. Ah, il gol era in fuorigioco ho letto. Ma dopo aver vinto fuori casa contro nientepopodimeno che il Mladá Boleslav, ci si può attaccare a un errore arbitrale? Basta, il post è tutto per voi. L’Europa? Sarà per la prossima volta.

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  • C’era una volta il tennis

    Questo articolo è stato pubblicato questa mattina su “Repubblica Palermo”. Lo riporto integralmente perché mi piacerebbe sapere cosa ne pensano gli amici di “Rosalio”.

    Ormai era diventato un appuntamento fisso di inizio autunno. O di fine estate, fate voi. Una settimana a metà fra sport e mondanità che proiettava Palermo al centro dell’attenzione del tennis mondiale. Già, perché da quasi trent’anni a questa parte la settimana che è appena cominciata coincideva con gli Internazionali di Sicilia, storico appuntamento con lo sport che conta, torneo che dal 1979 a oggi ha ospitato sui campi rossi di viale del Fante campioni del calibro di Borg e Vilas, Wilander e Bruguera, Mecir e Orantes, Panatta e Barazzutti fino a Filippo Volandri, ultimo vincitore nell’edizione 2006. Senza contare che prima della lunga pausa che sembrava aver posto il torneo nel dimenticatoio, alla Favorita avevano giocato, tanto per fare qualche nome, Drobny e Fraser, Merlo e Pietrangeli, Laver e Tiriac. Quest’anno, invece, gli spalti del Ct1 rimarranno tristemente vuoti. Enormi per quei pochi genitori che si appassionano alle gesta dei figli, spogli degli striscioni pubblicitari delle grandi griffe che sponsorizzavano i Campionati, silenziosi senza gli urletti dei raccattapalle e l’immancabile “cocco bello” dell’ambulante di turno. Il tennis è finito, andate in pace, a dispetto delle mille promesse di dirigenti e politici che soltanto un anno fa giuravano: «Ci rivedremo nel 2007». Continua »

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  • Cercasi squadra disperatamente

    Ok, vogliamo dire che è stata una giornata storta? E diciamolo. Io, naturalmente, penso tutt’altro ma poi sembra che voglio inzupparci il pane e quindi tentiamo di ragionare insieme. Cominciamo dal fatto che il Palermo a Empoli ha perso con l’uomo in meno e che l’espulsione di Caserta poteva anche essere evitata. È stato un fallo di gioco e il secondo giallo, sinceramente, mi è sembrato eccessivo. In undici contro undici forse il pari ci sarebbe scappato ma nel calcio i se non contano nulla e quindi siamo qui a leccarci le ferite. Diciamo anche che l’infortunio di Fontana ha privato il Palermo di un portiere (l’altro, sinceramente, non mi pare cosa) e di un cambio possibile in attacco (Miccoli al posto di Amauri con Cavani punta centrale). Aggiungiamoci che Giovinco ha segnato con un tiro sbagliato e che il rigore all’ultimo minuto non contava più nulla.
    E allora? Ce la caviamo dando la colpa al destino cinico e baro? Continua »

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  • Il fattore C

    Per fortuna il calcio non è matematica. Altrimenti sarebbe di una noia mortale. E così capita che per 75 minuti una squadra venga presa a pallate dagli avversari, si salvi a colpi di traverse e prodezze del suo portiere (ma anche respinte sulla linea) e poi, come d’incanto, rimetta in piedi una partita con un gol probabilmente irregolare (fallo di mano e successivo fuori gioco) e vinca all’ultimo secondo con un calcio di punizione aiutato da un portiere avversario, diciamo così, distratto. Insomma, Palermo-Milan 2-1. Match che entrerà nella storia rosanero e che lancia la squadra di Colantuono in zona Champions alla vigilia di due gare “alla portata” contro Empoli e Reggina.
    Nel calcio, si sa, contano solo i risultati e la classifica. E quindi, tutto buono e benedetto, come si dice dalle nostre parti. Ma Colantuono è una persona intelligente e non potrà non riflettere su quanto è successo ieri sera al “Barbera”. Anche perché il fattore C (che non sta per Colantuono) non potrà sempre assistere Fontana e compagni e già nelle varie trasmissioni televisive del dopo-match in tanti hanno fatto vedere gli errori arbitrali e, prima o poi, qualche torto dovremo pur aspettarcelo. Continua »

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  • Primo non prenderle

    Lo so, i tre punti contano più di ogni altra cosa. Ma secondo me la settimana appena passata, per chi ha a cuore le cose rosanero, è più importante per un altro motivo. Due trasferte di fila, zero gol subiti. Tre partite (ci mettiamo dentro anche quella col Torino), solo una rete incassata da Fontana e Agliardi. Della serie, primo non prenderle, il Palermo comincia a somigliare a una vera squadra. Se sarà grande non lo so, è ancora presto per dirlo. Ma Colantuono sembra avere capito che è difficile (e forse controproducente) far convivere le tre punte. Con un centrocampista in più l’equilibrio è garantito e la difesa soffre meno. L’uomo indispensabile, secondo me, è questo Caserta. L’ho sempre detto: a me piace moltissimo. È uno che spinge ma sa anche “distruggere”, dà copertura ma si fa trovare pronto anche in fase di conclusione. Insomma, io credo che sia molto meglio rinunciare allo spettacolo del tridente se la squadra riesce a stare più corta e controlla meglio il gioco degli avversari.

    Nel calcio non c’è controprova, ma se anche contro il Torino il mister avesse optato per una soluzione del genere forse il risultato sarebbe stato diverso. Specialmente dopo essere andati subito in vantaggio. Ma ormai è andata e meno male che Colantuono ha aggiustato il tiro senza indugiare troppo. Continua »

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  • Benedetto fermo-immagine

    E vabbè, tutto è bene quel che finisce bene. Anche se a un certo punto abbiamo benedetto l’interruzione video su La7 che ci ha “privati” di una ventina di minuti di noia incommensurabile. E’ troppo dire che l’esordio del Palermo in coppa Uefa è stato a dir poco sconcertante? Primo tempo da dimenticare, secondo praticamente pure. L’unica buona notizia è questo Caserta, uno che a Catania aveva già fatto ottime cose e che potrebbe diventare l’uomo in più del nuovo Palermo di Colantuono.
    Che cosa può essere successo? Forse i nostri hanno snobbato i semi-dilettanti cechi credendo di giocare una amichevole. Se è così è meglio darsi una regolata: i rosanero, almeno fino a questo momento, non hanno dimostrato di essere una grande squadra. A parte il primo tempo di Livorno (dove i difensori hanno fatto fare a Miccoli e Amauri qualsiasi cosa), il gioco continua a latitare e bisognerà presto svegliarsi visto che domenica a Cagliari non sarà affatto una passeggiata di salute. Piuttosto, la partita è cambiata (solo un po’, ma meglio che niente) con l’ingresso di Simplicio, Amauri e dello stesso Caserta. Brienza ha fallito, Bresciano non è quello dell’anno passato, Tedesco così così, Migliaccio meglio tacere. Vuol dire che il Palermo delle seconde linee non è all’altezza della situazione? Può essere e temo che bisognerà farsene una ragione.
    P.S. – Non ho fatto nessun riferimento a Guidolin e Zamparini. Starò invecchiando.

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  • Una lezione di civiltà

    E adesso sarebbe troppo facile dire che c’era chi l’aveva previsto. Che il poker di Livorno non doveva annebbiare le già confuse idee di chi, bel bello, ha cominciato a parlare di squadra dei sogni e possibile scudetto (un illustre giocatore, mica il tifoso della strada). Diciamo che domenica, tutto sommato, è andata bene. Perché nel secondo tempo il Torino avrebbe meritato di vincere e solo la giornata non proprio eccelsa delle sue punte (Recoba a parte) ha salvato il Palermo dalla seconda sconfitta di fila in casa. E il povero Colantuono dalle prime bordate del suo datore di lavoro. Perché i rosa si sono sfaldati dopo aver segnato il gol che poteva mettere la gara in discesa? Io non lo so. C’è chi dice che è stata colpa del caldo (ma non faceva caldo anche per gli avversari?), chi accusa la squadra di non sapere gestire le situazioni favorevoli. Magari l’infortunio di Pisano ha complicato tutto e la sostituzione di un difensore con un quarto attaccante (Bresciano è tutto tranne che un giocatore di copertura) potrebbe non essere stata del tutto azzeccata dal simpatico tecnico romano. Vabbè, comunque ormai è andata così e non sarà certo un pareggio in più o in meno a cambiare le sorti di questo campionato. La sensazione è che la distanza del Palermo dalle grandi sia sensibilmente aumentata, ma la speranza è quella di sbagliarsi e di trovare presto i rosa a stretto contatto con Roma, Inter e compagnia. Continua »

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  • Un po’ di chiarezza

    Cari amici di Rosalio, 150 messaggi e passa dopo un mio post potrebbero inorgoglirmi e, in un certo senso, farmi ricredere un po’ sulla effettiva capacità di penetrazione del mezzo Internet sull’opinione pubblica. La realtà, però, è diversa e non vi nascondo che la giornata di venerdì mi ha lasciato una profonda amarezza. Ho scritto in poche righe che una persona – non un calciatore, ma una gran brava persona – meritava forse maggiore rispetto da parte del suo datore di lavoro. Ne è venuto fuori un dibattito (?) condito da minacce, insulti e qualche difesa d’ufficio della quale ringrazio con tutto il cuore gli autori. Non sono certo le minacce a impressionarmi: per 15 anni mi sono occupato di cronaca nera e se avessi avuto paura avrei fatto altro nella vita. Tutto sommato, la tifoseria palermitana è una delle più sane d’Italia e magari capita di dire qualcosa di troppo, di pisciare fuori dal rinale, ma poi per fortuna non succede mai niente di grave.

    No, cari amici, non è questo il punto. Anche se della maldicenza gratuita, sinceramente, avrei fatto volentieri a meno. È successo che gran parte del nostro dibattito (?) sia finito a stralci nei muri dei tifosi rosanero, quelli nei quali si parte solitamente da un unico assioma: solo il Palermo, esiste solo il Palermo, e chi si permette di dubitarne è un nemico o uno da emarginare. Fare copia e incolla della frase “certa gente meriterebbe che Corini segnasse al 90° il gol della vittoria”, tralasciando tutto il ragionamento fatto prima e dopo è pratica assai scorretta e pericolosa. Scorretta per chi la fa, pericolosa per chi la subisce. Non era quello che volevo dire: era solo una provocazione. Subito chiarita tirando in ballo la fede (parola grossa, meglio dire la simpatia) bianconera: tutto potrei volere nella vita tranne che vedere vincere il Torino, visto che fin da bambino mi sono appassionato alle cose juventine. Vi lascio immaginare il contenuto dei messaggi che sono stati pubblicati dai muri dei tifosi prendendo a pretesto questa frase spezzata. E le promesse di “punizioni” esemplari. Penso che i tifosi avranno ben altro a cui pensare che “punirmi”, ma resta il fatto che non è carino frequentare un blog come Rosalio e riportare i contenuti in un muro di tifosi. E non perché qui è il bene e lì è il male (su Repubblica, quando facevo il capo dello Sport, non c’era giorno in cui non ci occupassimo della passione in Rete), ma soltanto perché l’approccio dialettico è completamente diverso. Qui si cazzeggia, si chiacchiera, ci si confronta. Lì si parte tutti da un punto di vista comune e quindi è idiota fare una provocazione perché le risposte sarebbero scontate (e forse anche meritate). Continua »

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  • La bandiera

    “Corini? Un grande ex come però ce ne sono altri, ha dato tanto ma ora non è più qui. Del resto, le bandiere nel calcio non esistono”. Ipse dixit, anzi, Zampa dixit. Dunque un tizio che ha dato l’anima per quattro anni, che ha indossato con orgoglio una maglia, che ha riportato questa squadra in serie A dopo tempo immemorabile (assieme ad altri, per carità, ma il capitano era lui fino a prova contraria), un professionista serio e irreprensibile come pochi, un uomo di classe e di carisma, non è una bandiera. Non lo è Totti a Roma, e nemmeno Maldini a Milano. Non è una bandiera Del Piero alla Juve, e nemmeno lo stesso Materazzi all’Inter. E Piraccini, ve lo ricordate Piraccini? Giocò un fracco di anni a Cesena ed è difficile immaginarselo con un’altra maglia. Niente, dice il presidente che non è una bandiera nemmeno lui. Sapete che c’è? Io credo che non possa concepire l’esistenza di bandiere nel calcio soltanto chi ha fatto i soldi e per passare allegramente la vecchiaia va in giro per l’Italia a raccattare squadre di calcio. Chi aveva il Venezia e si è comprato il Palermo. Ma poteva prendersi il Napoli e, perché no, persino il Forlimpopoli. Questa gente qui di bandiere non ne ha più, anzi forse non ne ha mai avute. E non venite a dirmi che è stato Corini a mollare il Palermo perché sapete bene che non è così e che c’è stato chi fino al giorno prima della scadenza del suo contratto ha tirato la corda come se avesse a che fare con un ragazzino viziato della Beretti. Si meriterebbe, certa gente, che Corini segnasse al novantesimo il gol della vittoria e si mangiasse una bella fetta di carne per festeggiare. Ma siccome esiste solo il Palermo, come amano ripetere dagli spalti i tifosi (quelli veri, certo, perchè tutti gli altri sono solo merdacce), e allora Forza Palermo e speriamo di infilzare il Toro fregandocene allegramente di Corini e di quello che ha rappresentato. Continua »

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  • Poker o bluff?

    Vabbe’, ora tutti quanti stanno a parlare di scudetto o, come minimo di Champions League. C’era da aspettarselo: dopo quel primo tempo brasiliano, come facciamo a tenerci? Magico Palermo, rosanero fantastici, altro che calcio pane e salame di quel pretino di allenatore che avevamo prima. Champagne e bollicine, “Zampa” è contento e chi si è visto si è visto. Ma dobbiamo crederci davvero a questo poker livornese? Io spero di sì, perché ho visto movimenti da fuoriclasse di quei tre lì davanti e considerando che Amauri e Cavani sono reduci da gravi infortuni, l’idea di migliorare ancora non sembra poi così campata in aria. Solo che quando una squadra gioca così bene, nove volte su dieci dipende da un’altra squadra che gioca molto male. Diciamo che Orsi, lo sprovveduto tecnico livornese, non ha preparato al meglio questa partita. I suoi difensori hanno fatto fare ai nostri tutto quello che volevano e il primo tempo si è trasformato in un autentico massacro.

    Dobbiamo fidarci di questo 4-2? Boh, mica sono un indovino. Certo, resta quel secondo tempo non proprio esaltante (ma quando hai fatto quattro reti agli avversari, e pure in trasferta, non infierisci) e talune distrazioni che sarebbe meglio non avere in futuro. Su una cosa, però, mi sembra che possiamo essere tutti d’accordo. Se alla prima di campionato il Palermo ha avuto la sfiga di trovare la squadra più in forma del momento, alla seconda si è ampiamente rifatta trovandosi contro la più smandrappata di tutte. E dunque, prima di parlare di cose più grandi di noi, sarebbe meglio aspettare ancora qualche giornata. Scusatemi, ma vincere così a Livorno non riesce proprio a esaltarmi quanto vorrei. Però almeno ci siamo messi in cammino. Ed è già qualcosa. Ah, meno male che non hanno venduto Rinaudo. Fino a poche settimane fa se lo sarebbero sbolognato molto volentieri. Scommettiamo che prima della fine dell’anno andrà in Nazionale?

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  • Chi ben comincia

    Oh, non ci si può distrarre un attimo che già si ricomincia. Quaranta gradi all’ombra? E chi se ne frega. Si deve giocare e si gioca. E pensare che c’era anche chi, in nome delle sorti italiche, voleva anticipare il tutto a poco dopo Ferragosto. Come se i problemi seri in questo martoriato paese fossero il calcio e un campionato d’Europa da conquistare. Ma tant’è. Una volta si iniziava ad ottobre (come la scuola) e ci si poteva godere fino in fondo la meritata vacanza, oggi vogliamo tutto e subito e quindi rieccoci qui a blaterare sul torneo più bello del mondo (sarà vero?), quello in cui i migliori se ne vanno (Toni, Bianchi, Rossi, Lucarelli etc.) e chi conquista risultati esaltanti o salvezze miracolose viene cacciato via a calci in culo. A proposito di calci in culo: mitico quello di mister Baldini a Mimmuzzo Di Carlo. Per la serie: è inutile dire che siamo ormai abituati a tutto, perché prima o poi arriva un Baldini del genere e ti mina (che non è una brutta parola) ogni certezza.
    Perché scrivo così tante fesserie? Per due serissimi ordini di motivi. Il primo è che scrivere cazzate è la cosa che mi riesce meglio, il secondo perché sto in un posto in cui non c’è tv, parabola, Sky e similari. E quindi non so assolutamente nulla di Palermo-Roma a parte che la “maggica” ha vinto 2-0 e i nostri eroi dovranno attendere ancora un po’ per sorridere. Continua »

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