Profilo e post di

Sito: http://www.robertoalajmo.it/

e-mail: roalajm@tin.it

Biografia: Roberto Alajmo è nato a Palermo il 20 dicembre 1959. Dal 1988 lavora come giornalista alla sede siciliana della Rai. Ha svolto il ruolo di critico teatrale al Giornale di Sicilia. Suoi articoli sono apparsi, fra l’altro, su Repubblica, Corriere della Sera, La Stampa, il Giornale, l’Unità, il Riformista, Diario della Settimana, Panorama, Max, Capital, Nuovi Argomenti, Il Caffè Illustrato, Lo Straniero.

Ha pubblicato i volumi:
Un lenzuolo contro la mafia (Gelka, 1993)
Epica della città normale (Edizioni della Battaglia, 1993)
Repertorio dei pazzi della città di Palermo (Garzanti, 1994)
Almanacco Siciliano delle morti presunte (Edizioni della Battaglia 1997, premio “Feudo di Maida”)
Le scarpe di Polifemo (Feltrinelli, 1998, premio “Arturo Loria”)
Notizia del disastro (Garzanti, 2001, premio Internazionale Mondello)
Cuore di Madre (Mondadori, 2003, premio Selezione Campiello, premio Verga, premio Palmi, secondo classificato al premio Strega, traduzioni in francese, tedesco e olandese)
Nuovo repertorio dei pazzi della città di Palermo (Mondadori, 2004)
È stato il figlio (Mondadori, 2005, Premio SuperVittorini, premio Dessì, finalista al premio Viareggio).
Palermo è una cipolla (Laterza, 2005)
Enciclopedia della memoria irrilevante (Mondellolido, 2006).

Suoi racconti si trovano nelle antologie La porta del sole (Novecento, 1986), Luna Nuova (Argo, 1997), Raccontare Trieste (Cartaegrafica, 1998), Sicilia Fantastica (Argo, 2000), Strada Colonna (Mondello, 2000), Il Volo del Falco (Aragno, 2003), Racconti d’amore (L’ancora del Mediterraneo, 2003).

Per il teatro è autore delle commedie: Seicentocinquantamila senza contributi (1990), Repertorio dei pazzi della città di Palermo (premio Eti - Progetto giovani, 1995), Centro divagazioni notturne (1997).

Sempre per il teatro, è protagonista-narratore di:
Post mortem – Il funerale di Pirandello (2004)
I Pazzi di Palermo (2005)
Wolfgang & Wolfgang (2006)
Inoltre ha scritto il libretto dell’opera “Ellis Island”, con musiche di Giovanni Sollima (Palermo, Teatro Massimo, 2002).

È stato docente a contratto di Storia del Giornalismo alla facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Palermo e consigliere d’amministrazione del teatro Stabile di Palermo.

Roberto Alajmo
  • Ecco chi è stato

    Cassonetto a Mondello

    Mi ero sempre chiesto quale demone incivile si impadronisse dei miei concittadini che buttano i sacchetti della spazzatura a terra anche in presenza di un cassonetto vuoto. Ho buone notizie per la gente comune: non siete stati voi. Ne ho avuto la certezza osservando il comportamento di una pattuglia Gesip in servizio a Mondello. Sono rimasti un paio di ore, e fin quando li ho potuti guardare non hanno mai lavorato al verde, ciò che in teoria sarebbe la loro missione aziendale.

    Anzi, paradossalmente, due di loro si sono dati a lungo da fare intorno a un cassonetto, ravanando con gli attrezzi alla ricerca di qualcosa, estraendo i sacchetti, aprendoli e spargendo il contenuto nel verde retrostante. Uno di loro ha trovato un pezzo meccanico che gli è piaciuto e se l’è portato a casa. Continua »

    Palermo
  • Ma niente di meglio avevano da fare?

    Per capirci: io non sono di quelli che credono che in nome dell’antimafia sia tutto concesso. Immagino al contrario che la maggior forza della legalità consista in una osservanza scrupolosa delle regole.
    Nella vicenda di Pino Maniaci, accusato di esercizio abusivo della professione giornalistica per avere reiteratamente condotto il Tg di TeleJato, io avrei oltretutto da difendere la corporazione a cui ancora appartengo. E tuttavia la notizia mi ha dato un senso di nausea sardonica che mi prende sempre più spesso e quindi ho imparato a riconoscere.
    Quando legge e giustizia prendono strade diverse, chi predica con eccesso di zelo l’osservanza delle regole è destinato a fare la parte del cretino.

    (in collaborazione con www.robertoalajmo.it)

    Palermo
  • Stanislao Moulinsky contro l’Amia

    Riassunto della puntata precedente. Un paio di giorni fa, avevo mandato a Repubblica una lettera aperta indirizzata al sindaco, chiedendogli di procedere alla querela contro l’Amia, in modo che il presunto falso in bilancio possa essere giudizialmente accertato. Cito: “Vogliamo capire che è successo? L’unico modo è presentare ‘sta benedetta querela. Non è nemmeno detto che a creare il presunto danno siano stati i vertici dell’azienda. Potrebbero essere stati il destino, la congiuntura internazionale, un complotto massonico, la Spectre, il Mossad o Stanislao Moulinsky”.
    Nel corso della lettera, fra l’altro, cercavo di accreditarmi così:
    “Io, modestamente, credo di avere titolo a chiederglielo in quanto pagatore in pectore di ben tre bollette della Tarsu, ciascuna per un ammontare diverso. E beninteso, per lo stesso appartamento: una intestata a me, una a mia moglie e una al padrone di casa. Ho spiegato agli appositi sportelli l’equivoco, e spero quest’anno di aver chiarito. “Spero” perché anche nei due anni precedenti credevo di essermi spiegato, e invece alla scadenza le bollette da pagare risultavano immancabilmente ancora tre. Continua »

    Palermo
  • Le prediche e i pulpiti

    Da quando un quotidiano cittadino ha promosso un giro di opinioni sul tema “il silenzio degli intellettuali” un grave discredito circonda i sedicenti tali. A ogni pubblica uscita c’è sempre qualcuno che alza il dito per chiedere di parlare e poi lo tende per accusare: che ha fatto lei? Perché non s’impegna?
    Siccome, lo ammetto, io sono di quelli che, come si diceva a scuola, potrebbero fare ma non si impegnano, mi sento in dovere di dare qualche spiegazione. Parlo per me: io considero mio mestiere quello di leggere la realtà e darne magari una diagnosi. La cura è qualcosa che compete a qualcun altro, qualcuno che abbia le armi politiche per affrontare il problema, qualcuno che al limite mi può chiedere un consulto: e sarei lieto di darlo. Non credo che tutti debbano essere competenti su tutto. Ma se anche fosse, se avessi in tasca la cura della lebbra che sta consumando la città di Palermo, su quale giornale scientifico, in quale congresso specialistico dovrei rivelarla al mondo? A parte le collaborazioni con qualche testata nazionale, a Palermo uno scrittore può contare solo sui blog. I partiti adoperano i cosiddetti intellettuali come portatori non di idee ma di consenso (sbagliando anche in questo). I giornali chiedono opinioni sul silenzio degli intellettuali, ma si guardano bene dal chiamarli a esprimere la loro opinione su altri argomenti. Circoli culturali, teatri, fondazioni, associazioni sono quasi tutti autoreferenziali al limite dell’autismo. In questo panorama Rosalio è un’eccezione, in quanto garantisce uno scambio di idee al di fuori dei target predeterminati. Continua »

    Palermo
  • Un paio di scarpe metaforiche

    Da molti anni posseggo un paio di scarpe da tennis. Quando le ho comprate erano bianche, questo me lo ricordo. Adesso hanno un colorito beige che non se ne va manco a metterle in lavatrice. I lacci si sono andati man mano accorciando: li tendevo per fare il nodo, e periodicamente cedevano – tac –, per cui bisognava riposizionarli in modo che le estremità fossero più o meno della stessa lunghezza. Adesso ne sono rimasti due mozziconi che a momenti non riesco più ad allacciare. La suola è stremata, le cuciture hanno ceduto in più punti, e la tomaia risulta tutta spelacchiata.
    Preso atto che queste scarpe avevano fatto il loro tempo, ho deciso di comprarne un altro paio. Ho esitato a lungo, ma poi l’ho fatto: belle, sobrie, modello moderno. Le ho messe, giuro. Ho provato a metterle più di una volta, ma mi fanno male ai piedi. La misura è quella, la marca più che buona. Ma non c’è niente da fare, non mi ci trovo. Sono durissime.
    Per cui ho deciso che per il momento continuerò a mettere quelle vecchie, con tutti i loro difetti. Magari comprerò un paio di lacci nuovi, ma non ci posso fare niente: io dentro quel paio di scarpe vecchie mi ci ritrovo. Ci sto comodo.
    Ora voi potrete dire che non ve ne frega niente, e che non c’entra con Palermo. Invece sì: c’entra, secondo me.

    (in collaborazione con www.robertoalajmo.it)

    Palermo
  • Abbasso Cammarata. Dopodiché?

    Firmerò, firmerei volentieri per chiedere le dimissioni del sindaco Cammarata. Il collasso cardiocircolatorio della città è tale da farmi preferire qualsiasi altra ipotesi, a questo peggio di nulla.

    Ciò detto, però, vorrei chiedere agli oppositori di Cammarata uno sforzo in più. Per esempio mi piacerebbe sapere su quale proposta alternativa, su quale nome possiamo fare affidamento per alimentare la speranza almeno fino alle prossime elezioni. Perché a parte l’anticammaratismo non mi pare che nel centrosinistra in questi anni sia maturata qualche forma di consistenza. Per capirci: se decido di mandare a fanculo il mio padrone di casa, contestualmente mi preoccupo di trovare una soluzione abitativa di ripiego. Anche perché io personalmente magari mi accollerei anche di passare una notte amministrativa all’addiaccio, in nome di un ideale. Ma se la gara è fra nulla e peggio di nulla, sul voto idealistico dei palermitani è meglio non fare troppo affidamento.

    (in collaborazione con www.robertoalajmo.it)

    Palermo
  • La soglia dell’indignazione

    La meritoria inchiesta di Repubblica Palermo sui pass per le corsie preferenziali ha scoperchiato una pentola dal contenuto mefitico. La pentola tuttavia bolliva da tempo davanti a tutti, e nell’indifferenza generale. Il sottoscritto l’anno scorso ha visto coi propri occhi la macchina di un portatore di handicap con il windsurf sul tetto. E del resto, una vecchia battuta di Pino Caruso spiegava il motivo per cui le corsie si chiamano “preferenziali”: perché gli automobilisti palermitani le preferiscono.

    Altrove, lo scoperchiamento di una pentola del genere avrebbe causato come minimo una catena di dimissioni da parte dei funzionari responsabili. Qui, nessuna reazione. Faccia di bronzo e muro di gomma. Un atteggiamento fondato sulla convinzione che per i cittadini di Palermo riuscire a fare i furbi a scapito della collettività costituisce un titolo di merito, una medaglia al valore, una prova di valentìa. Il ragionamento comune è: Beato lui, magari ci riuscissi anch’io. L’indignazione di Palermo si misura con un metro diverso. Nessuno finora è riuscito a scoprire quale.

    (in collaborazione con www.robertoalajmo.it)

    Palermo
  • Recensione ellittica

    Di solito quando un film viene presentato dalle recensioni come un capolavoro poi finisce per deludermi, schiacciato dalle aspettative. Viceversa, se un film viene stroncato ai festival, e poi di nuovo appena esce nelle sale, mi succede di non trovarlo poi tanto male: siccome non mi aspettavo niente, quel poco che ho trovato l’ho apprezzato particolarmente.

    Tutto questo per dire che secondo me non è questo il caso di “Palermo shooting”.

    (in collaborazione con www.robertoalajmo.it)

    Palermo
  • Partire per teatro

    Mi sono improvvisamente ricordato com’è un grande spettacolo teatrale. È successo davanti al Siegfried diretto da Zubin Metha e allestito dalla Fura del Baus. In questi giorni lo replicano al comunale di Firenze, diretto da Francesco Giambrone. Allo stesso modo bisognerà andare a Milano per vedere la Carmen con la regia di Emma Dante, che a Palermo non trova spazio in nessun teatro, né pubblico né privato.
    Eppure mi ricordo che fino a una decina di anni fa anche da noi si vedevano spettacoli del genere, se ne producevano. Poi è calato il sipario, e oggi si va avanti con un piccolo cabotaggio di spettacoli senza respiro.
    Lo snobismo è diventato obbligatorio, se qui una persona non vuole spegnersi intellettualmente. Obbligatorio partire. Una volta si diceva che in Sicilia il miglior ospedale è l’Alitalia. Adesso l’Alitalia è anche il miglior teatro. Con la differenza che pure Alitalia ora è messa piuttosto male.

    (in collaborazione con www.robertoalajmo.it)

    Palermo
  • Rifardiarsi

    Senza casa in rivolta. Laboratori e cliniche mediche in rivolta. Commercianti di piazza Bellini in rivolta. Palermo pare sempre sull’orlo della rivoluzione. Solo che poi, regolarmente, se la rifardia.

    L’espressione Rifardiàrisi in siciliano significa tirarsi indietro. A quanto pare viene dall’arabo rafarda, ossia rifiutare. Col tempo il verbo è passato al dispregiativo: se l’è rifardiata, rifardo. Malgrado l’accezione negativa, sta a indicare un’attitudine che è molto siciliana, quella di sporgersi molto avanti e poi, invece, rifardiarsela. Ma non è certo l’autunno, la stagione privilegiata del rifardiamento. I siciliani se la rifardiano di solito in primavera. E specificatamente: la vigilia delle elezioni. Per quattro anni non fanno altro che lamentarsi, rovesciare cassonetti e bloccare le strade, tanto che in certi periodi quasi quasi gli si crede. Poi arrivano al momento di votare, che normalmente sarebbe quello di tirare le somme della propria indignazione, e se la rifardìano.

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    Palermo, Sicilia
  • Gli stupidifurbi

    A proposito della cosiddetta Parentopoli siciliana, non mi pare che sia successo niente di sostanzialmente nuovo. Lo scandalo non è peggiore di quello che colse il precedente presidente della regione, sorpreso con le dita nella ricotta. Sei mesi fa si è andato a votare, in seguito a quello scandalo. E la coalizione di centrodestra ha guadagnato una decina di punti percentuali. Segno che i siciliani hanno apprezzato, se non le singole persone, almeno il sistema amministrativo.
    Difficile spiegare al resto del mondo perché in Sicilia succeda questo. Ma ai siciliani forse sì: un politico che riesca a piazzare i propri parenti qui non è considerato immorale, anzi. Il massimo che un siciliano pensa è: “beato lui”. O al limite: “perché io no?”. Da cui il corollario: “magari io riesco a farmi piazzare la prossima volta”.
    Ragion per cui se si votasse domani, il centrodestra di Lombardo prenderebbe l’80 per cento dei voti, avendo dimostrato che sa fare bene il lavoro per cui era stato eletto. In realtà fra centrodestra e centrosinistra la contrapposizione non è mai stata fra chi piazza i propri clienti e chi no, ma fra chi ne piazza molti e chi eventualmente ne piazzerebbe pochi. Per questo, confidando di rientrare fra i fortunati, i siciliani votano il centrodestra: perlomeno immaginano di avere maggiori possibilità.
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    Sicilia
  • Palazzo Sant’Elia

    Poi, improvvisamente, si accende una luce. Nel buio totale, quasi per caso, spunta una mostra come “España”. Recensioni unanimi su tutti giornali, un fottio di spettatori: e spettatori paganti, ciò che più conta. Ecco che Palermo per un breve periodo torna a essere una capitale della cultura. Ma la mostra di palazzo Sant’Elia è come il soprassalto di un moribondo, che fa sperare solo i parenti stretti: la mostra finisce e l’encefalogramma cittadino torna concavo per com’era. L’unica luce degli ultimi mesi si è spenta senza che nessuno sappia dire come e quando se ne accenderà un’altra.
    I capitoli della decadenza di Palermo sono troppi per essere elencati tutti, e il timore è che nella gran massa si perdano di vista i singoli casi. Meglio allora concentrarsi su quelli più eclatanti. Palazzo Sant’Elia meriterebbe di essere caricato di una aspettativa particolare proprio perché, dopo la falsa partenza del progetto Guggenheim, ha iniziato la sua attività in una maniera tanto magnifica. Per cui è giusto che l’opinione pubblica palermitana, o ciò che ne resta, si ponga una domandina semplice semplice: E adesso? C’è un disegno, per questo formidabile spazio? Un progetto? Una direzione? Demetrio Paparoni, il curatore di “España”, nei giorni scorsi ha sollevato il problema, andando a sbattere contro il silenzio più assoluto. Continua »

    Palermo
  • Allarme lavavetri

    Funziona così: un lavavetri rumeno viene malmenato da due energumeni. La polizia decide che così non si può andare avanti, e fa partire una serie di arresti: fra i lavavetri, però. Un esempio di legalità all’incontrario, dove sono le vittime, fino a prova contraria, che vengono perseguite. Quella che in siciliano si definisce “la boffa allo scecco”.

    Sarò fortunato io, ma non mi è mai capitato di imbattermi in un lavavetri aggressivo. Solo offerte di servizio e sorrisi tristi di fronte al diniego. Niente a che vedere coi parcheggiatori abusivi, penultima categoria nel mirino delle forze dell’ordine palermitane. E che nel frattempo sono tornati tutti sul posto di lavoro; aggressivi, loro sì, quanto prima. Ma i parcheggiatori abusivi sono in maggioranza indigeni, patrifamigghia, e quindi l’allarme sicurezza deve apparire più blando.

    Ripeto, sarò fortunato io, e la mia percezione del problema falsata. Perché nella sua ultima crociata la polizia ha trovato un autorevole stimolo da parte della presidente dei giovani industriali, Tomasello. Che ha individuato il nemico da battere, per gli imprenditori siciliani: il racket. Dei lavavetri, però.

    (in collaborazione con www.robertoalajmo.it)

    Palermo
  • Il Grande Collasso

    La mia idea è che in Italia, in Sicilia, ma specialmente a Palermo, dovremmo mettere un elmetto (anche il casco della moto va bene), indossare mutande di latta e scendere in cantina, o comunque nel posto più sicuro della casa. Dopodiché sederci e aspettare. Certo, intanto che aspettiamo possiamo parlare, mangiare, respirare tranquillamente. Ma senza dimenticare quello che sta per arrivare.
    Sta per arrivare il Grande Collasso.
    Forse arriverà sotto forma di una crisi finanziaria, in stile 1929. Oppure come nel 1918, quando arrivò l’epidemia di influenza spagnola. Oppure si tratterà di una guerra, come nel 1939. Oppure gli LSU non riceveranno lo stipendio e faranno la rivoluzione. Oppure si estingueranno i genitori della generazione che oggi ha 30 anni, quella che in maggioranza si arrabatta con lavoretti precari da 400 euro al mese: si ritroveranno tutti col culo per terra e si scatenerà un’ondata di suicidi. Insomma, il tappo deve saltare, prima o poi. Come quei vulcani che rimangono silenziosi per troppo tempo, e tanto più devastante poi sarà l’eruzione. Continua »

    Palermo, Sicilia
  • Palermo balena spiaggiata

    Siccome il mio cuore batte inspiegabilmente a sinistra, io vorrei ogni tanto polemizzare con l’amministrazione comunale della mia città. Vorrei non per pregiudizio, ma perché la polemica è il sangue della politica. Ora, da alcuni mesi, devo ammettere di essere in difficoltà. Non trovo argomenti validi, qualsiasi spunto mi pare inadeguato.
    Mi sono chiesto allora perché, e in un primo tempo avevo pensato che magari la città nel frattempo era migliorata. Poi però mi sono reso conto che le cose stanno in maniera diversa. In questo momento storico Palermo segue un suo abbrivio, e finchè dura l’inerzia, più o meno riesce a sopravvivere. Ma appena capita il minimo inciampo, come è successo per la grottesca vicenda delle ZTL, si arena del tutto. Le luci di presidio come Expa si vanno spegnendo una dopo l’altra. L’ultimo grande dibattito cittadino è stato imperniato sul fatto che il sindaco non avesse gridato viva Palermo e santa Rosalia salendo sul carro della patrona.
    Palermo è una balena spiaggiata, che non dà più segni di vita cerebrale. Eravamo all’elettroencefalogramma piatto: ora è concavo. Prima era male amministrata: ora a me pare che non sia amministrata affatto. È questo che rende ogni commento più complicato. Come si fa a polemizzare sul nulla?

    (in collaborazione con www.robertoalajmo.it)

    Palermo
  • Il sultano dell’Oman

    Nell’attenzione mediatica suscitata dalla visita a Palermo del sultano dell’Oman, c’è qualcosa di più di un ritorno alla memoria ancestrale degli arabi di Sicilia.
    Si favoleggia sulle sue ricchezze, persino sul numero delle mogli: Sei, nientedimeno, ha detto qualcuno a un certo punto, e che delusione invece quando si è scoperto che l’unica consorte è pure una ex. Gli si tendono le mani per un’elemosina, gli si offrono le chiavi dell’antimafia. S’è capito che se l’Oman facesse tanto per annettersi la Sicilia, noialtri, insomma, un pensierino ce lo faremmo.
    Lo spettacolo è da commedia plebea, alla Franchi e Ingrassia, ma il risvolto malinconico di tutta questa devozione risiede nell’invincibile vocazione dei siciliani alla sudditanza. I due gioiellieri cittadini che hanno portato doni al sovrano sono una piccola metafora di quest’Isola, specializzata nel dare a chi già possiede, sperando che poi paternalisticamente decida di portarci via con sé. I doni dei gioiellieri sono stati rifiutati, stavolta: e questa rappresenta una piccola lezione di civiltà.

    (In collaborazione con www.robertoalajmo.it)

    Palermo
  • L’arrocco

    Come si dice in italiano quando la palla va a finire oltre una cancellata e non è più possibile recuperarla? Non si può dirlo con meno parole di così: quando la palla va a finire, eccetera. Nel dialetto siciliano invece esiste un verbo per definire questa che, più che una situazione, è una condizione dell’anima: arroccare. Minchia, s’arroccò.
    Gli scacchi non c’entrano. Negli scacchi l’arrocco è una scelta difensiva, e qui tutt’altro. È una cosa che succedeva da bambini. Si giocava in mezzo alla strada, in preda a una disperata vitalità. Disperata perché c’era in tutti, fin dal calcio d’inizio, una premonizione. Tutti sapevamo quale era il giardino circondato dalla recinzione più insormontabile, abitato dalla più acida delle signore, quella che, ignara di qualsiasi passione giovanile, il pallone non l’avrebbe mai restituito. Una sola volta magari (“che fa lo tagliamo?!”), e poi basta. Tutti sapevamo che bastava un calcio fuori misura e il gioco sarebbe finito per sempre. Perché quel mai significava mai più.
    Minchia, s’arroccò. C’era in questa constatazione una malinconia composita, impastata di rabbia nei confronti del maldestro calciatore che aveva arroccato, ma anche di rassegnazione al peggio. Il Super Santos, maledetta sia sempre la sua fatale leggerezza, era ormai un ricordo del passato. Niente più partita. Fine del gioco. Continua »

    Palermo, Sicilia
  • Rosalio e target

    Con questo post comincia una mia collaborazione più stretta con Rosalio, che si configura come un gemellaggio col forum www.robertoalajmo.it: quel che trovate là, e che riguarda Palermo, lo trovate anche qua.
    Se ho accettato è perché credo alla circolazione delle idee, e Rosalio mi pare l’unico posto nel giro di molte centinaia di chilometri in cui non c’è un target ideologico di riferimento.
    Mi spiego meglio: se io scrivo sul mio forum, o sul giornale che corrisponde alle mie idee politiche, raggiungerò al massimo quelli che già la pensano come me, col risultato di confermarli nelle loro opinioni. Questo è secondo me il grande problema della stampa italiana di questi anni: i rispettivi conformismi. Nessuno va mai oltre il proprio target.
    Su Rosalio, invece, mi pare di aver capito che scrivono e leggono persone di idee molto disparate, ed è a loro che vorrei rivolgermi. Per mettere a repentaglio le mie idee lasciandole contaminare dalle idee altrui. E viceversa, naturalmente: nessuno è mai morto per aver cambiato opinione.

    Palermo, Rosalio
  • Mi vergogno un po’

    Mi vergogno un po’ a dirlo, nel momento in cui tutti si stracciano le vesti per la disperazione: ma a me non dispiace affatto che il Comune non abbia organizzato nulla per rianimare l’estate palermitana. Ancora a monte, non mi pare neppure che a Palermo quest’estate non ci sia niente da fare. Ci sono gli spettacoli del Teatro di Verdura. Ci sono impresari privati che ogni sera organizzano le loro serate all’Agricantus o alla tonnara Bordonaro. Ci sono stati i concerti del Brass Group.
    Certo, gli spettatori sono chiamati a pagare almeno un prezzo simbolico. Ma dove sta scritto che gli spettacoli debbano essere gratis, e che a organizzarli debba essere il Comune?
    Per non essere accusato di fiancheggiare l’attuale amministrazione, spiego meglio la mia posizione: credo che abbiano fatto la cosa giusta per i motivi sbagliati. Essendosi sparati tutti i sudati risparmi in spese preelettorali, nulla più è rimasto per i circenses di quest’estate. Ma io credo che sia meglio così. La polverizzazione degli spettacoli estivi era una bombola di ossigeno che manteneva in vita vegetativa interi quartieri del centro, ma non è distribuendo minuzzaglia gratuita che si ottiene la riqualificazione del tessuto urbano. Riposi in pace il centro storico, e che il mercato abbia la possibilità di fare il suo corso senza la droga di un imprenditore pubblico che falsava gli standard di domanda e offerta.
    Negli anni scorsi c’era troppo di niente. Essere approdati a niente di niente mi pare già un risparmio, se non addirittura un progresso.

    Ospiti
  • Chi protegge il testimone?

    Un imprenditore edile non ci sta. Non paga e denuncia. In sé la notizia è ottima, di quelle che fanno sperare nella mutazione del virus dell’antiracket: che colpisca cioè commercianti e imprenditori, non solo intellettuali e teorici del ramo.
    Ma mi chiedo: perché il nome dell’imprenditore viene taciuto dagli organi di informazione? Per proteggerlo? E da chi? Dalla mafia? La mafia non lo conosce, forse? E allora? Io, come consumatore consapevole, sarei interessato a conoscerlo: devo ristrutturare casa e mi piacerebbe rivolgermi a uno che non mi ricarica sul conto il costo del pizzo.
    Ma si vede che il cretino sono io.

    Ospiti
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