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e-mail: palermoefimmina@libero.it

Biografia: Maria Cubito è nata il 14 dicembre del 1970 in provincia di Catania, città nella quale ha vissuto, per la cronaca, solo per i primi 3 mesi della sua esistenza, poi dopo varie peregrinazioni per l'Italia si è stabilita a Palermo nel '76...pertanto è più palermitana di quel che sembra! Laureata in lettere classiche insegna da 14 anni, conciliando il lavoro "ufficiale" con l'"hobby" della radio. Conduce infatti su Radio Time (ormai non si ricorda più nemmeno lei da quanti anni...) Volevo essere bionda dalle 3:00 alle 5:00 del pomeriggio. Sue grandi passioni: la pizza, i libri, il vino rosso, il mare e l'Inghilterra!

Maria Cubito
  • Compro casa

    Premesso che la faccenda non mi riguarda direttamente avendo avuto la fortuna di risolverla qualche anno fa, e premesso pure che sono veramente incazzata perché mentre c’è chi si aumenta lo stipendio di 500 euro a botta, c’è pure chi con 500 euro (e forse sono pure troppi) deve venire a patti con la sua dignità per camparci un mese, ho il desiderio di spendere un paio di paroline sull’argomento CASA a Palermo.
    Mi atterrò al vocabolario degli annunci immobiliari e prenderò in considerazione un single di 35/40 anni e con, quindi, un solo stipendio..
    Questione nr.1. GLI AFFITTI. Si va dal rifinito quadrivani in zona unni persi ‘i scarpi ‘u Signuri a soli 400 euro, al delizioso monovano in centro città a 600 euro (qualcuno mi spiega perché più nico è, più costa?). La scelta è tra lo svegliarsi alle 4:30 per essere sul posto di lavoro alle 8:00 e il mangiare pasta in bianco a fine mese perché 200 euro, ahi noi, fanno la differenza e fare finta che il cinema non ti piace e la pizza non puoi mangiarla perché hai lo stomaco imbarazzato (ipotesi tutt’altro che remota perché se mezzo stipendio se ne va per l’affitto ‘u scunciertu ‘i stomaco ti viene vero). Allora un povero Cristo che fa? Pensa, valuta, discute e riflette, si fa quattro conti e, mischino, si illude che se tanto mi dà tanto, meglio farsi un mutuo. La rata equivarrebbe all’affitto. E poi, dopo SOLO 30 anni il prezioso immobile sarebbe tuo. Vuoi mettere? Continua »

    Palermo
  • Momenti

    Il capezzale con Santa Lucia con gli occhi in mano sta là e mi guarda ancora come 30 anni fa…
    Volevano buttarlo, ma tu ti arrabbieresti. Lo conservo io. Lo so, devo coprirlo prima con un panno.
    Correndo, sudata, già vestita per la cerimonia, mi insegui arrancando per le stanze grandi e fresche, con la puntura in mano; e io scappo per inscenare l’ennesimo spettacolo mattutino.
    ‘U tiatru r’a ‘gnizioni. Dalla cassapanca sotto cui mi rifugio, Santa Lucia mi fissa severa e io grido, coprendomi la faccia con le mani. Per la casa l’odore del pane fatto per la settimana e il sugo che bolle mi confortano.
    Vedo il movimento ritmato delle tue braccia che setacciano la farina con il crivo.
    Il tempo scorre lento…attacco bottoni su una bambola di pezza per farle gli occhi…
    Mi pasticcio tutta la faccia e spunto in cortile con le tue scarpe, la tua borsa e tutte le tue collane e tu ridi…una risata liquida…
    Sbuccio, paziente, le mandorle e mi riempio tutta la bocca, masticando forte. Tu minacci di lavarla col sapone quella bocca se ancora mi lascio scappare minchia. Continua »

    Sicilia
  • La festa per il posto fisso

    Che siamo un popolo godereccio è cosa nota, che ogni scusa è buona per fare baldoria e mangiare pure. Il siciliano ama fare festa. Naturalmente prima di tutto per eventi irrinunciabili. Matrimoni, vattii, diplomi, lauree, cresime e comunioni. Per queste ultime, in special modo si ‘mpignano puru l’uocchi a costo di fare figura, chiffà ‘a picciridda ‘un ci l’ama a fari ‘a viesta per il trattamento? N’a purtamu c’a tunichetta r’a missa? Tutte le parenti più prossime saranno dotate di doppio abbigliamento: per la Chiesa e per la sala. Non parliamo r’a picciridda. Anni fa la mamma di una mia alunna mi portò il dvd (!) del filmino della comunione, commentando “se lo guarda professore’, Mariuccia pareva una sposina!”.
    A parte che ancora pagano cambiali ma, povera stella! Agghindata con un abito bianco tutta trine e pizzi, con tanto di scocca in testa nell’acconciatura boccolosa. Il tutto corredato da bomboniera consistente in splendide statuette a forma di oggetti indefiniti che non sai mai in che angolo della casa collocare (per la cronaca: una ballerina su una conchiglia capovolta…deliziosa, manco so unni ‘arruccavu…). Continua »

    Palermo
  • Ad Avola c’è tutto!

    Vero è che l’Inghilterra ce l’ho nel cuore…ma dopo 15 giorni trascorsi a guardare il mutevole cielo d’Irlanda, l’oceano, i laghi, i prati, le pecore, le pecore, i prati, i laghi, l’oceano,

    • e béviti la Guinness che è bella (in verità a me è sembrata cafè alcolico),
    • assaggia il salmone che come lo fanno qua manco in Norvegia,
    • e don’t forget your umbrella, ogni ghiuornu, nelle previsioni meteo sul giornale,
    • e dopo ‘na simanata di balli e piffero irlandese e piripipì-piripipì ra’ matina a’ sira,
    • e stùdiati la cartina dalla tube che Londra pare facile, ma a truvariti a Wimbledon ‘un ci stai niente,
    • e già che ci siamo un musical non ce lo vediamo?,
    • e sabato andiamo a Portobello che ci sono un sacco di cose,

    devo ammettere che rimettere piede in Sicilia e cominciare a sbarazzarmi di maglioni di lana, giubbotti e quasette appena scesa dall’aereo ha avuto un non so che di liberatorio. Avrei abbracciato pure le hostess se non fossero state così greviamente inglesi. E si che lo so che l’estate inglese praticamente non esiste, che piove sempre ma, botta ri sale, manco un giorno di temperatura umana? 15 giorni 15 di pioggia e gradi che oscillavano dai 13 ai 17…poi dice che uno ci dice parole alla Regina… Continua »

    Sicilia
  • Grammatica siciliana

    Grammatica siciliana ter

    Prima di salutare Rosalio e suoi lettori per staccare la famosa “spina” e andare in vacanza per un mesetto, come deformazione professionale mi suggerisce, vi voglio lasciare i compiti per le vacanze. Roba facile, giuro.
    Partendo sempre dal principio che non c’è due senza tre, questo pezzo si intitola grammatica siciliana ter perché non si finisce mai di investigare questa lingua misteriosa. Stavolta però mi soffermo sul rapporto tra siciliani e lingue straniere.
    Il siciliano è uno tosto, non si arrende. Se non riesce a pronunciare la parola la sicilianizza, ma non demorde. Nella mia famiglia è tradizione: mio nonno era convinto che per andare da Messina a Reggio Calabria si usasse il ferrabotto (ferryboat=traghetto). Ma non c’è bisogno di andare così lontano. Per esempio, quest’anno in fiera una signora mi chiese: signorina me lo da un devian della radio? Posto che depliant della radio non ne abbiamo (chi c’avissimo a miettiri ‘a fotografia r’u giradischi?) la signora non ebbe neanche un minimo di tentennamento. Come un tizio che raccomandava a un altro no, non ti preoccupare non è cosa elegante, non è cunto che ci dobbiamo mettere lo smog, come può pure capitare di avere bisogno di prelevare contanti al bancomarchet o di fumare fili morri gialle o, meglio ancora, di indossare un giubbotto che è duble fass. Continua »

    Il meglio di, Palermo, Sicilia
  • Palermo è fimmina

    Ci sono città che le attraversi e non senti niente: i ponti, le strade, le piazze…torni a casa e già ti sei scordato tutto…manco un pezzo di cielo o un albero o una nuvola ti è rimasta nella memoria. Eppure il cielo, gli alberi e le nuvole sono dappertutto. Però succede. Città piene di traffico, di luci, di rumori, ma vuote, talmente vuote che sembrano immaginate. Vero è. Ti può capitare. Pensaci.
    A Palermo no. Palermo è diversa.
    Palermo è fimmina.
    Lo senti dall’odore che ti piglia allo stomaco, alla bocca, al naso su fino a riempirti la testa. Ti può capitare di sentirti ‘mbriacu camminando a Palermo. T’imbriachi di sale, di mare, di sole, di frittola e di meusa; t’imbriachi di scirocco, di scruscio di tamburi, di campane che rintronano, di vuci martellanti, di zoccoli di cavalli e di robbi stinnuti…
    Palermo è fimmina e ti rapisce, manco te ne accorgi e sei già suo, perso dentro i suoi colori: ti tinge di rosso corallo e di viola, di azzurro mare e di blu notte, di giallo arraggiato e di bianco accecante, di virdi scuzzuni e di virdi spiranza… spiranza di vita, di aria, di luce, di ciauru di gelsomino e di basilicò… Continua »

    Palermo
  • Compagni di viaggio

    Le tanto agognate ferie si avvicinano e sono quasi pronta, (manca un mesetto, si fa per dire…) a godermi una bella vacanza di 20 giorni, nel Nord dell’Europa, ‘o friscu, ne abbiamo bisogno! Quest’anno partirò con tre amiche. Vacanza al femminile e vediamo che spunta…Dalla mia modesta esperienza ho potuto imparare che in vacanza anche le amicizie più solide rischiano di sfaldarsi per un nonnulla perché tutti, chi più o chi meno siamo dotati di fisime e paranoie assortite. E non basta illudersi che tanto abbiamo scelto una meta comune… Per semplicità facciamo una di quelle belle classifiche che mi piacciono tanto e che, in questo caso riguardano i compagni di viaggio.

    L’INTOLLERANTE: arriva in albergo e comincia a lastimarsi di ogni cosa, dal letto duro al bicchiere per il dentifricio sporco di rossetto. Niente gli va mai bene. Le escursioni sono care, la guida antipatica, il clima fa schifo, il mare è freddo (ora ci diamo una quariatiedda), l’hotel non è come nella foto e la vista panoramica non è come se l’aspettava. Già dopo il terzo giorno ti viene di buttarlo dalla Tour Eiffel o quello che è. Frase ricorrente: Uffa! Appena arrivo a Palermo reclamo e faccio causa. Continua »

    Palermo
  • Pinuccia la pazza

    Avemariapienadigraziasignorecotté… Avemariapienadigraziasignorecotté… Non se le ricordava più le parole giuste di quella preghiera, ma, per giorni interi, non usciva altro dalla sua bocca, distesa su un vecchio cappotto, estate e inverno, la testa poggiata su una valigia di pezza, arripizzata cento volte. E dire che aveva dovuto recitarla spesso quell’invocazione alla Madonna nella sua vita. Nessuno sapeva da dove fosse arrivata, né quanti anni prima…era ormai parte del paesaggio lei e la sua preghiera. In mezzo ai rumori della strada o nel silenzio di certe notti in cui il vento frustava la faccia, imperterrita stava su quel pezzo di marciapiede che era diventato la sua casa e pregava, pregava. Avemariapienadigraziasignorecotté. Ti taliava ma non ti vedeva, il suo sguardo sembrava oltrepassare i cento, mille volti che incrociava tutti i santi giorni. E continuava a pregare pure quando lasciavi cadere una monetina in quel cappotto sudicio, consumato, bruciacchiato come doveva ormai essere pure la sua anima. Nel quartiere la chiamavano Pinuccia la pazza, aveva un chiaro accento del sud… Continua »

    Sicilia
  • Quelli che…la Fiera

    La 62esima fiera campionaria del Mediterraneo domenica scorsa ha, finalmente, chiuso i battenti. Dico finalmente perché noi di Radio Time, in periodo di fiera, da non so più quanti anni trasmettiamo live…non si può capire il divertimento, per carità, contatto a parte con gli ascoltatori che possono venire a vederci lavorare oltre che sentire. Dico possono, non devono. Ma si sa, nonostante la radio sia comunicazione, non è facile far passare sempre il messaggio giusto. Quindi ecco l’ascoltatore che staziona per quasi tutti e 15 i giorni, davanti alla postazione della radio e ti talìa, accussì per il prio di farlo, quello che ti porta il tiramisù da casa, quello che ti presenta tutta la settima generazione e pretende che ti ricordi i nomi di ognuno, fino a casi estremi di chi passa e spassa trenta volte, ti talìa, tistìa, ridacchia, fa gesti nella tua direzione, ma non ti saluta o di chi si porta via il tuo giornale o il tuo gelato… Poi c’è quello che vuole messo sulla pendrive le canzoni…
    In 17 anni di radio sarebbero troppe le cose da raccontare. Quest’anno invece la fiera mi è servita per osservare da vicino il rapporto che ha il palermitano con questa, potremmo definirla, tradizione. Svariate sono le tipologie dei visitatori.

    • Quelli che il biglietto non lo pagano: tutti. Se paghi il biglietto sei cretino, uno sfigato. Tutti hanno lomaggio e dunque non pagano. Come sull’autobus. Fai biglietto??? Mah! io ce l’ho nel portafoglio. Come i preservativi…non si sa mai. Ma scade il biglietto?
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    Palermo
  • Bella la maternità!

    Il 15 maggio è nata Francesca, la mia terza nipotina acquisita, figlia di una delle mie più care amiche. Come da tradizione panormita, mi offro di farle la “notte” in ospedale, dal momento che, sempre per bella tradizione palermitana (ma del sud in genere), il personale è insufficiente e l’assistenza ai degenti devono farla parenti e amici. Bene. Mi presento nel più grande ospedale della città verso le 19:00, con cuscino sotto l’ascella per poggiarlo su sedia sdraio dura e trovo la mia amica in una tripla così composta:

    • letto nr.1: gestante+nutrico+mamma della gestante+marito+suoceri+numero due figlie;
    • letto nr.2 :gestante+ nutrica+mamma della gestante+cognata+fratello+numero cinque bambini che urlano, si sputano e si fottono a legnate letti letti.
    • Nel letto nr.3 c’è la mia amica+nutrica+ io unica ospite.

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    Palermo
  • Grammatica siciliana

    Grammatica siciliana bis

    Il mio primo pezzo su Rosalio si intitolava Grammatica siciliana e, allora come adesso, mi diverto a scoprire norme e regole sempre nuove. E il continuo contatto con il dialetto mi porta a “teorizzarle”. Ho scoperto di recente, per esempio, l’assenza del tempo presente del modo congiuntivo. Esiste l’imperfetto (putissi arricchiri), in rari casi il trapassato (si l’avissi saputu prima!) ma non vi è traccia del presente. Anzi il presente viene fuori ma all’indicativo in estremi tentativi di traduzione usati quando il palermitano vuole fare il fino. Queste occasioni sono riservate ai convenevoli e alle formule di cortesia. Tratterebbesi, infatti di congiuntivo esortativo.
    Facciamo degli esempi:

    • Quando si invita qualcuno ad entrare si dice “trasissi” che nella formula cortese diventa “prego, prego, entra” (indic. Pres. 3°p.sing). Continua »
    Il meglio di, Palermo, Sicilia
  • La dichiarazione

    Giuro che non ci capisco più niente! E, se continua con questo andazzo, resterò single o zitella o bizocca o quello che è a vita!
    Botta ri sale vero! Fino allo speed date ci siamo. Pazienza. Viviamo di corsa. Organizziamo incontri che durano, al massimo, tre minuti, per capire se chi ci sta di fronte è la persona della nostra via. A parte che uno non si capisce manco dopo vent’anni a volte…comunque, ci può stare, in una società in cui tutti vanno di fretta, tutti stressati, cronometriamo pure le emozioni, i sentimenti e bla bla bla. Ma ora nni livaru puru il piacere della parola! C’è un nuovo tipo d’incontro, si chiama: eyegazing. Sissignori. Stai i soliti tre minuti di fronte a uno che non hai mai visto e muta tu e mutu io, devi decidere se lasciargli il numero di telefono. Ora dico io: buttana di qua e di là, a parte che in Sicilia un simile approccio sarebbe difficile a realizzarsi, perché dopo i primi 30 secondi in cui incroci lo sguardo di un altro e quello insiste, scatta inevitabile la domanda “chi ci talii?” con tanto di mano a cuppitedda che fa avanti e indietro. A parte questo…che poesia va’…che romanticismo…
    È questo tipo di notizie a farmi sentire un po’ vecchia e inadeguata…
    Quando andavo alle scuole medie io, si usava un tipo di approccio, forse un poco tascio, d’accordo, ma che regalava batticuori che, raramente, mi è capitato di provare poi nella vita adulta: c’era la cosiddetta: DICHIARAZIONE. Continua »

    Palermo
  • Ninuzzu

    Aveva riccioli fitti fitti da fimminedda e occhi neri neri. Bello come il sole, guance paffute e un sorriso che allargava il cuore e che da quando era nato gli faceva ricevere sempre lo stesso complimento Ma chi bedda picciridda! So’ matri lo stringeva a sé precisava Masculu è. Si chiama Nino. E, puntualmente diceva a suo marito C’ama a tagghiari i capiddi a Ninuzzu.
    Stavano in una casa a piano terra con un cortile in cui Nino trascorse la sua infanzia, guardato e protetto dalla MUNTAGNA che ogni tanto s’incazzava e sputava fuoco. E allora prendevano le poche trusce tutti e tre: madre, padre e Ninuzzu e andavano da una zia lontana, verso il mare, con la litturina, pregando che la lava risparmiasse la loro casa.
    Nino crebbe taciturno, so’ matri, che per poco non era morta portandolo al mondo, lo trovava nello stesso punto in cui lo aveva lasciato, anche dopo due ore: era capace di giocare cu un lazzu di scarpe o cu na strummula senza lamentarsi mai. Non chiedeva mai niente, non piangeva mai. So’ matri pensava e diceva Troppu solitariu sta criscennu stu figghiu mio. Continua »

    Sicilia
  • La taliàta

    A dispetto della proverbiale cordialità dei siciliani c’è una caratteristica che, di norma, strania chi non ci conosce bene. Qualcosa che, certamente, deriva dalla nostra innata curiosità, una cosa a cui difficilmente il vero siciliano riesce a sottrarsi, un atteggiamento quasi spontaneo, talmente usuale da diventare naturale come bere, mangiare e respirare: LA TALIÀTA. Sissignori. Confessiamo. Tutti la subiamo e tutti ci caschiamo nel farla.
    Ma ci sono taliàte e taliàte.
    C’è la taliàta sdignusa: squadri o vieni squadrato dalla testa ai piedi, ma non direttamente, un po’ sott’occhio, accussì finge che non stai guardando e, contemporaneamente, alzi mezzo labbro superiore, pensando le più svariate cose: ma com’è cumminatu chistu? O ma s’a lavò a faccia stamatina? Ogni occasione è buona: uno che passa, uno che esce da un negozio. Si talìa e basta.
    La taliàta allisciante: di norma la ricevono le donne. Trattasi di sguardo lascivo, veloce approvazione con testa piegata e, naturalmente, taliàta nel didietro, dopo che l’oggetto osservato è passato. Continua »

    Palermo, Sicilia
  • Improperi & co.

    Uno degli improperi per cui la lingua siciliana è conosciuta pure all’estero è senz’altro CORNUTO.
    Offesa abusata e usata (spesso anche per fare del siciliano la solita caricatura) con mille varianti e sfaccettature: si va dall’affettuoso CORNUTELLO per indicare, per esempio, un bimbo furbo e vivace al CORNUTAZZO usato, invece, spregiativamente per additare uno che sulla testa le corna le ha davvero. Per me, però, la variante più bella resta sempre CURNUTI R’I PATRI perché raggruppa una serie di offese in una sola: infatti, per la legge secondo cui mater semper certa est, per prima cosa i padri sono più d’uno (e sono pure cornuti!) e, in secondo luogo, la suddetta mater come minimo è una poco di buono.
    Ma tralasciando questo che, oltre ad essere l’epiteto più usato, avrà anche dei corrispettivi in altri dialetti italiani, ce ne sono due che, a mio avviso, sono ineguagliabili, inimitabili e, soprattutto, intraducibili: COSA INUTILE e NIEGGHIA. Continua »

    Sicilia
  • Lettera a nessuno

    Ho fatto un sogno, stanotte. Anzi, ho fatto IL sogno.
    Mi pare di avertelo raccontato una volta…quando il mio cuore e la mia testa chiudono per sempre con qualcuno (e ce ne metto di tempo, purtroppo…) ripeto sempre lo stesso sogno: che quel qualcuno muore. Gli faccio il funerale insomma. Ti ho fatto morire. C’era la bara con te dentro e tutto il resto. I fiori, gli occhi gonfi e increduli di amici e parenti arrivati da mezza Sicilia. Non ho tralasciato nulla, pure il necrologio sul giornale c’era Amico carissimo, professionista integerrimo, ne danno il triste annuncio e boh…non mi ricordo più…i sogni sono sempre un po’ confusi. Io stavo ferma, non piangevo, aspettavo solo che finisse.
    Ho atteso, paziente, questo sogno per mesi, per anni ormai. E finalmente ho seppellito, insieme a te, una parte della mia vita storta, sbagliata…nata male e finita peggio. Pazienza. Non importa se ti riconoscerai in queste righe. Ma sono sicura di no.
    Sei sempre stato bravissimo giudice di te stesso: ti sei autoassolto 10 volte su 10. Agli altri manco l’appello hai concesso… Continua »

    Palermo
  • L’8 marzo

    Solo due doverose paroline sull’imminente festa delle donne: L’AMA (pure se c’è l’apostrofo consideriamola una sola parola) FINIRI!
    Finiamola con

    • Le uscite programmate, anzi pogrammate, da un mese, se non da un anno, con le amiche. Si risolvono di solito in mega raduni di femmine urlanti, stipate in pizzerie e ristoranti. Da mie verifiche personali (eh già, lo ammetto millenni fa andai ad una di queste cene con mie amiche e rispettive genitrici!) è proprio l’8 marzo la sera in cui si supera la barriera del suono! È tanta l’eccitazione per l’occasione che ogni cosa deve essere urlata, sennò non c’è prio, non ci si diverte, anzi non sicci diverte. Le single, quella sera, si sentono toche (ed a loro, di solito è affidata l’organizzazione dell’evento), le fidanzate lasciano lo zito con altri ziti, le sposate appioppano prole e cani al marito, manco alla mamma o alla suocera perché escono pure loro: anzi a quell’età escono solo per l’8 marzo, quindi guai a toccar loro quella data.
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    Palermo
  • Carnevale

    E anche questo Carnevale sta per finire… Tiro un sospiro di sollievo, perché è una festa che mi è sempre piaciuta poco. Col senno di poi men che meno. Ho iniziato a nutrire seria antipatia per il Carnevale quando ho capito di avere subìto una sorta di trauma infantile. Sissignori ora vengo e mi spiego.
    Essendo stata bimba negli anni ’70, ho attraversato molti carnevali, diciamo trentasei. Tali anni possono essere divisi in fasi ben distinte:
    1) LA FASE DELL’INNOCENZA
    Dal primo anno di età fino ai 10 anni: iniziai bene, per la verità, con un vestitino di cappuccetto rosso che era un amore. Certo, a quell’età tutti belli eravamo. Poi iniziò l’epoca della fatina: bellissimo pure questo, ho vaghi ricordi di me che batto i piedi per averlo, mi piaceva talmente tanto che non esitai ad indossarlo per tre anni di seguito. L’unico inconveniente fu che, crescendo (all’epoca ancora allungavo…bei tempi), l’abito mi stava di anno in anno più corto, con le maniche a tre quarti e i bottoni dietro che non si chiudevano, finché un giorno tira di qua e tira di là non si spardò del tutto e fu sostituto da un vestito dal nome affascinante ARCOBALENO. Era l’epoca, per noi bambine degli abiti fruscianti, dai nomi ermetici: RAGGIO DI LUNA, VENTO D’ORIENTE, BREZZA D’AUTUNNO. Una mia compagna un po’ in carne e molto alta per avere solo 9 anni (e perciò crudelmente soprannominata DAMIGIANA) venne a scuola infagottata in una specie di abito millestrati azzurro e rosa dal nome quanto mai accattivante: PRINCIPESSA DEI SOGNI. Degli incubi forse (i suoi). Era talmente convinta che quando un mio compagno l’apostrofò dicendole “Talè! Ti vististi ‘i dama?” lei rispose gongolante “No, principessa dei sogni” e lui “Sempre dama sei! Dami-giana vistuta ‘i carnevali!”, pianse per tutto il giorno e si scordò pure di mangiare, perseguitata da crudeli ulteriori battute, come solo sanno essere quelle dei ragazzini… “Picchi chianci? Bella stai vistuta ‘i MONTE CUCCIO. Pure io mi sentivo tutta, vestita da ARCOBALENO. Tale abito, costato nel ’77 la bellezza di trentamilalire, era così composto: corpetto argentato e sotto mille volant di tulle colorati. A completare il tutto un bel cerchio rigido sull’orlo, una parrucca bionda con tuppo e boccoli. Ma la cosa più bella era il trucco, perché solo a Carnevale ci si poteva truccare e allora ecco le mamme sbizzarrirsi: ci sono delle foto che mi ritraggono all’età di 8 o 9 anni, intrusciata in quel vestito ma soprattutto truccata come una battona!!! Ombretto azzurro cielo, fard rosa, rossetto rosso e, dulcis in fundo, un vezzoso neo disegnato con la matita. Che io mi portavo appresso a scuola per disegnarmi altri nei: due, tre, quattro. C’è una foto in cui sembro Bruno Vespa. Anzi Bruno Vespa con la parrucca bionda e truccato da battona. Continua »

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  • Tutti dottori

    Ora che il pericolo corso è stato, più o meno, scongiurato mi “cubitizzo” e trovo la serenità per parlare di un increscioso fatto capitatomi circa una settimana fa. Una sera, improvvisamente, non sento altro dall’orecchio sinistro se non un fischio. Decido dunque, di “passare” la visita dall’otorino, dopo aver provato rimedi più o meno casalinghi: olio, acqua ossigenata, strane candele…ci è mancato poco che ci sparassi un petardo…abbrevio. La diagnosi è foro acustico. Bedda matri penso, diventerò sorda? Non vi dico la felicità nell’apprendere la notizia per una come me che fa la radio da una vita… È come dire ad un cantante che ha una corda vocale fuori uso, ad un marinaio che avrà il mal di mare per tutta la vita, ad un contadino che ha la sciatica e non potrà zappare più, ad un calciatore che ha il liquido al ginocchio e deve smettere di giocare, ad una prostituta che…vabbè.
    Nell’attesa della guarigione, continuo ad uscire tranquillamente con tappo di bambagia provvisorio, manco io so esattamente perché…così tanto per usanza, in questi casi. Inevitabili le domande: E che hai? E come fu? E com’è successo? Ma ti fa male? E bla bla bla. E uno che fa? Risponde, spiega, assuppa le battute di spirito dei colleghi ci sentiamo, se non te la senti.
    Ma la cosa che più di ogni altra mi fa impazzire è che improvvisamente diventano tutti medici sopraffini, espertissimi. Continua »

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  • La stagione degli amori

    San Valentino si avvicina, siamo in prossimità della stagione dei cuoricini, dei bacetti, dei fiori, dei peluches; anche il più cinico e disincantato tra noi dovrà ammettere che è bello essere innamorati, sentire le farfalle nello stomaco, avere quel sorriso da semi – ebete stampato in faccia ed essere felici di iniziare una nuova giornata anche se fuori diluvia, il carro attrezzi ti ha portato via la macchina, il cane ha fatto pipì sul parquet, lo scaldabagno si è rotto e tu, beatamente innamorato, continui a sorridere e a fischiettare. Che cosa sono le piccole difficoltà quotidiane di fronte all’idea dell’amato che ti scalda il cuore? È uno stato di grazia che, si spera, almeno una volta nella vita, abbiamo provato tutti…ed è proprio questo stato di grazia che ci trasforma e ci fa diventare dolci,teneri, arrendevoli e, presi dall’adrenalina dei primi tempi, iniziamo a rinominare colui o colei che ci ha rapito il cuore con deliziosi appellativi.
    È a questo punto della relazione amorosa che si scatena tutta la nostra fantasia, si trae spunto da qualunque ambito, perché l’amore permea ogni momento della nostra esistenza.
    Molto diffusi sono gli appellativi non – sense, ma tanto teneri: pucci – pucci, batuffolino, trottolino amoroso du du du da da da.
    Quelli gastronomici: zuccherino, pasticcino, babà, patatina, pisellino, carotina.
    Quelli tratti dal mondo animale: lupacchiotto, orsetto, castoro, gattina, topina, passerotto (di baglioniana memoria), micio, bassotto, coniglietta.
    Quelli astronomici: stella, stellina, sole, luna.
    Quelli nobiliari: principe, principessa, regina. Continua »

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